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Attraverso i buchi neri

Quando l'amore supera lo spazio-tempo

Qualche giorno fa, la scienza ha realizzato la foto del secolo: quella di un buco nero, la prima della storia. Il soggetto più misterioso e inaccessibile dell’Universo è stato catturato da 8 telescopi a 55 milioni di anni luce dalla Terra.

Esattamente il giorno prima ho visto il film Interstellar di Cristopher Nolan. Nel film vengono usate categorie scientifiche per raccontare ciò che scientifico non sarà mai: attraverso citazioni di quantistica, slittamenti temporali, paradossi ontologici, buchi neri e gravità, vuole soltanto parlarci d’amore.

L’amore di un padre e sua figlia. L’amore indissolubile. L’amore che salva.

Cooper è un padre vedovo, ingegnere e pilota che, in un futuro dove la Terra sta morendo per mancanza di cibo e ossigeno, verrà scelto dalla Nasa per una missione: verificare l’ospitalità di pianeti compatibili alla vita per trasferirci la gente prima che muoia soffocata.

Murph è sua figlia di 10 anni, intelligente e brillante, curiosa e sensibile, che abitualmente decifra messaggi che un fantasma le comunica in camera. È una storia profonda, lacerante, pensare che la tua casa, il posto dove sei nato ti sta uccidendo. È uno strappo grandissimo. Così come frustrante e romantica sarà questa storia d’amore tra un padre e sua figlia, attraversata dall’incolmabile strappo dell’abbandono che griderà forte nei nostri sentimenti.

Murph non vuole che il papà parta e nella sua cameretta piange sotto le coperte, sapendo che tutti abbiamo bisogno di un padre.

Tutti abbiamo bisogno di quell’amore che ci consola e ci fa sentire protetti, ci nutre per tutta la vita, ci sostiene nelle difficoltà, ascolta i nostri dubbi e ci aiuta a realizzare e diventare noi stessi. Credo sia un po’ questo un padre.

Murph vuole il suo papà accanto, come lo vorremmo tutti noi. Ma suo papà deve trovare un nuovo pianeta dove si può respirare, vivere, per salvare sua figlia e l’umanità. E la deve lasciare. Sa che la sua ricerca nello spazio lo porterà vicino a buchi neri, dove, secondo la teoria della relatività, rischierà uno slittamento: per lui il tempo rallenterà, per sua figlia sulla Terra invece sarà invariato.

Per questo, prima di partire, in quella cameretta che è simbolo del lacerante e disumano distacco ma anche del profondo amore che li unisce, le regalerà un orologio come quello che indossa lui, per confrontarli una volta tornato. Murph lo getterà, arrabbiata che il suo papà sia partito.

Cooper assieme ad Amelia, dottoressa della Nasa, e altri due ingegneri, visiteranno i pianeti, ma un errore li farà cadere nello slittamento temporale: sulla Terra sono passati 23 anni.

Ed è qui che si taglia il mio cuore, è qui che avverto la percezione delle lacrime. Immaginate questo dolore tremendo, forse solo un genitore può capirlo: non veder crescere i suoi figli.

Cooper vivrà la disperazione, l’atroce mormorio dei suoi pensieri che tra le lacrime prendono coscienza di non aver visto crescere sua figlia, di aver perso la sua importante adolescenza, di non aver visto la laurea di suo figlio (il fratello di Murph), di essersi perso la nascita dei suoi nipotini, e che in fondo ha perso tutte le meraviglie che la vita poteva dargli.

Il viaggio di Cooper non è solo suo, è anche il nostro viaggio, noi che esploriamo il legame tra l’Universo e l’animo umano. Quell’animo umano incomprensibile, complicato e semplice allo stesso tempo. Da una parte il nostro egoismo avido e dall’altra il desiderio folle di amare l’altro.

Cooper incontrerà il dottor Mann, rimasto nello spazio anni su un pianeta che pare possa accogliere la vita umana, reputato eroe nell’aver rischiato la vita proprio per questo, ma che successivamente si rivelerà una bugia inventata solo per attirare interesse ed essere recuperato e salvato.

Esattamente come noi quando abbiamo paura della solitudine, siamo codardi e ci tiriamo indietro nel momento più importante, e la vigliaccheria ci porta a fare scelte sbagliate, a salvare noi stessi e non gli altri, a pensare solo alla nostra vita.

Il dottor Mann rappresenta il marcio del nostro animo, la faccia più oscura della sua medaglia.  E per il suo tradimento e per la vicinanza al buco nero, un altro slittamento temporale farà perdere a Cooper e Amelia altri 51 anni. Ma in noi c’è l’altra faccia della medaglia che è ancora più forte e potente: l’ostinazione dell’amore.

Amelia dirà che “l’amore non è qualcosa che abbiamo inventato noi.

L’amore è l’unica cosa che riusciamo a percepire

che trascenda dalle dimensioni di tempo e spazio.

Forse di questo dovremmo fidarci, anche se non riusciamo a capirlo ancora”.

L’amore può salvare davvero ogni cosa. È il legame di Cooper con sua figlia la chiave, l’unico modo per attraversare il buio. Sì, perché dentro a quel buco nero troverà il modo di comunicare con Murph nello spazio-tempo, attraverso la libreria della sua cameretta.

Quel fantasma che tanto da bambina lei cercava di comprendere, è sempre stato suo papà. È sempre stato lui a parlarle, a condurla per trovare la soluzione. È l’amore di un papà verso sua figlia che salva tutti.

E lo fa entrando in un buco nero, laddove scientificamente non si può guardare perché “la gravità è talmente forte che lascia tutto confinato nell’oscurità dietro l’orizzonte …e niente supera quell’orizzonte. Neanche la luce”. Niente. Ma il legame di un padre con sua figlia, sì.

Il film è la parabola di un amore che entra nel punto più oscuro dell’Universo e che salva dopo aver attraversato il buio. Voi lasciate entrare l’amore nelle vostre zone d’ombra? Nei vostri personali buchi neri? Ci credete ad un amore così?

Cooper comunicherà attraverso l’orologio che le aveva lasciato, lo stesso che lei aveva gettato via arrabbiata, ma che alla fine è andata a riprendere in quella camera.

Perché le ricorda suo papà, perché semplicemente gli manca, e l’orologio è simbolo del loro amore viscerale, rappresenta la promessa che il papà le aveva fatto: “Tornerò Murph! Tornerò!”

L’amore di una figlia verso suo papà, l’ha condotta alla soluzione per trovare un nuovo mondo abitabile per l’uomo. Il legame profondo, intimo e magnetico tra il papà e la figlia ha salvato il mondo.

Ecco quello che provo a scegliere in questa Pasqua: a riconoscere che l’amore può diventare la soluzione delle mie equazioni, la dimensione quantificabile del mio mondo, l’unica misura dei miei calcoli, il mio pianeta ospitale, l’unico paradosso possibile, l’unico modo di salvare.

David Martinez

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