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Che tu ti accorga o meno, qualcUno ti sta lavorando dentro

La vera missione è con se stesso

La prima volta che ho messo piede a Medjugorje due anni fa il giorno del mio discernimento vocazionale ho subito pensato che ci fosse troppo silenzio, pensavo: «Sì ok, è la terra di Maria, ma a parte questo qui non c’è niente». Ed è proprio così.

Medjugorje è una terra arida e tanto sofferta in cui tutto ruota intorno a Maria. Quando cominci a viverci per più di una settimana capisci che a parte Maria, Medjugorje è una terra desolata.

Se escludi il monte delle apparizioni, le attività della parrocchia, i negozi di souvenir, qualche market e pochi baretti ai lati delle strade non c’è nulla qui, non c’è divertimento, non c’è possibilità di svago, non c’è granché, soprattutto per i giovani che intendono passare qui un periodo di tempo un po’ più lungo.

Ma a parte questo Medjugorje è una terra di una dolcezza infinita. Quando ci si accosta alla preghiera in questa terra si percepisce l’amore vero: c’è pace già solo nell’aria. La terra di Maria, al di là delle nostre povertà e debolezze umane in cerca di divertimenti futili, è e rimane una terra meravigliosa, carica di una grazia e di una delicatezza infinite.

Maria ti lavora dentro con tutta la dolcezza di madre, di colei che ha saputo accogliere dentro di sé il Figlio di Dio: chi meglio di lei può farti fare esperienza dell’Amore vero?

Come dice il vangelo di Marco di questi giorni: «Un uomo getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa» (Mc 4,26-34).

Come non si sa, ma quando vieni a Medjugorje che tu ci creda o meno, che ti accorga o meno, Maria ti lavora dentro, ti fa entrare in una consapevolezza di te come mai in vita tua, ti sveglia dal tuo torpore e ti ridà vita nuova e non è detto che agisca subito, proprio come un seme gettato nel terreno ci vuole il suo tempo perché germogli, ma un seme di grazia intanto viene a depositarsi nel tuo cuore.

Oggi, dopo due anni sono qui a Medjugorje in missione come volontaria nella comunità di Nuovi Orizzonti. Sono qui insieme ad altri dodici compagni di cammino volontari come me per ridare vita alla Cittadella Cielo di Medjugorje.

Ogni giorno ci diamo da fare per portare la gioia piena di Cristo Risorto agli altri e vivere un pezzetto di cielo già su questa terra, per ricostruire una rete di relazioni con le altre comunità religiose presenti qui, per fare di Cittadella cielo un luogo accogliente, aperto alle altre realtà, per essere noi in primis famiglia tra di noi e con gli altri, per donare ai tanti pellegrini, che vengono in visita a Medjugorje in cerca di risposte, o in cerca di una speranza, un po’ di quella luce che abbiamo ricevuto nei nostri cuori dall’incontro con Dio.

Quello che facciamo nel concreto è molto semplice ma per nulla banale: distribuiamo beni di prima necessità a più di 400 famiglie povere, facciamo testimonianze portando la nostra storia con Cristo a chi arriva qui incuriosito da chi siamo e da che cosa facciamo, cerchiamo di vivere ogni giorno la legge dell’amore cercando di seguire alla lettera e senza interpretazione di comodo quanto ci dice il Vangelo del giorno, e provando a vivere per portare la luce prima dentro di noi e poi agli altri e diffondere così quello in cui crediamo.

Tutto quello che facciamo concretamente è poco in confronto a quanto facciamo interiormente: il lavoro più grande lo facciamo nei nostri cuori, nelle nostre relazioni. È quando ho toccato il nucleo della mia relazione con l’altro che capito che il divertimento e lo svago, che qualsiasi giovane come me cerca fuori, non mi serve se non cresco nella relazione con me stessa e con chi il Signore mi ha messo accanto.

La missione più grande è questa. Rimanere nonostante tuo fratello ti faccia da specchio ovvero ti richiami aspetti di te e della tua vita che ti provocano dolore o rabbia. Quando sei in contatto con l’altro è lì che scopri te stesso.

Lì capisci che la missione più grande è rimanere e che la povertà più grande è dentro di te e non solo là fuori.

Essere missionario a Medju significa fare fatica con tante cose, con la lingua, con la cultura, con la povertà, con le autorità, significa ritrovarti a non capire, significa avere il cuore aperto all’amore, significa stare sotto lo sguardo di una madre, significa essere tu il povero e lo straniero, ma soprattutto significa riscoprire te stesso.

Quel deserto esteriore ti richiama per forza ad un deserto interiore: quando hai di fronte il nulla è allora che ti si rivelano le tue povertà, quando sei nel nulla è lì che fai contatto con ciò che sei.

La vera missione è con te stesso. Sei tu. La vera missione è rispondere ogni giorno alle domande: Chi sono? Che cosa voglio? Dove sto andando?.

Se non ti fermi ad ascoltare quel povero che grida dentro di te, quello specchio che ti parla ti parlerà sempre e lo ritroverai ovunque  e ti parlerà sempre di quel dolore. È inutile scappare.

La vera missione qui a Medjugorje è questa: imparare che non puoi scappare per sempre da te stesso, è imparare a rimanere, fare silenzio e ascoltare.

Laura Camagni

 

 

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