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Possibile che la vita sia così ingiusta con chi non se lo merita?

Riflessioni su questa sabbia che brucia: «Non è solo un aereo»

«Avete mai sentito di qualcuno che era felice mentre stava morendo? Forse quell’alpinista, l’ho letto sul giornale, che è arrivato su e non è più tornato giù. Ha raggiunto il suo scopo. Oppure quel sub che è andato giù e non è più tornato su. Ha fatto il suo record personale. Forse un sorriso gli è scappato.»

Ho visto le foto della tragedia. Mi sono fatto delle domande. Un volo Boeing 737 Max domenica è decollato da Addis Abeba, ha volato soltanto 6 minuti in cielo ed è precipitato in Etiopia senza lasciare superstiti. Era diretto a Nairobi. È stata denominata «la strage dei volontari».

Sì perché su quel volo da 157 passeggeri si trovavano a bordo 8 italiani che stavano dando una forma di risposta alle loro domande, dando senso alle loro intenzioni. Stavano cooperando per il bene e per la speranza in un mondo un po’ migliore.

Chi coordinava una Ong oppure un consorzio, chi stava andando a portare il suo aiuto nel campo dell’archeologia per realizzare impianti importanti nelle zone di povertà e chi sostegno nei progetti di assistenza alimentare mondiale dell’Onu.

Stavano andando a fare qualcosa di bello, stavano andando a portare aiuto. Mi viene difficile capire, ho nella testa soltanto punti di domanda enormi come una casa e un dolore che non voglio accettare. Mi sembra quasi di vivere un brutto sogno.

È difficile nel mondo trovare qualcuno che crede nei tuoi sogni, che fa il tifo per i tuoi progetti, e quando ti capita di realizzarli poi succede questo? Possibile che la vita sia così ingiusta con chi non se lo merita?

Sono domande lecite, umane, di chi crede in qualcosa ma cerca sempre un motivo. Sono diretto: è ingiusto che se ne vadano quelli buoni; e la mia testa non riesce a trovare un perché, che possa darmi conforto o tranquillizzare la mia razionalità. In quel volo c’era la speranza, così fragile e piccola che si è spezzata, che solo per 6 minuti ha visto la luce del sole tra le nuvole e poi ha ceduto.

Mi dispiace ma non ho risposte, sono umano, sono un umano senza risposte, e mi accorgo che nel mio tentativo di trovare un significato a tutto questo mi trovo nella stessa condizione in cui si sente una persona che va in mezzo al deserto spazioso e sconfinato e ha la pretesa di raccogliere tutti i granelli di sabbia in una bottiglia.

Non si può fare, è impossibile, e allora l’unica soluzione che trovo non è raccogliere tutta la sabbia, ma nuotarci dentro. È così che mi sento adesso: sto nuotando nel deserto, riflettendo, in mezzo alla sabbia che non posso contenere, ma che può contenermi.

E allora penso che alla fine questo volo precipitato un senso ce l’ha per me: mi fa pensare ai miei di sogni, alle mie ambizioni, alla mia missione. Sì anch’io ho una missione, tutti ce l’hanno, ciascuno con la sua sfumatura personale. E allora non voglio perdere un attimo, perché sono il tipo che il tempo lo perde, anzi, lo disperde, e non realizzo quello che ha davvero valore per me.

Quanti di voi buttate via tempo in cose inutili? Quanti di voi sono indaffarati in mille cose senza riuscire a farne bene una? Sempre di corsa, sempre a dover dimostrare qualcosa, sempre a produrre, girare, correre, ripulire, pensare, telefonare, comprare, rispondere, organizzare.. e mai a fermarsi, ad ascoltare.

No, da questo volo ho imparato: voglio fermarmi nel deserto ed ascoltare. Lo devo ammettere però, la sabbia su cui sono seduto ad ascoltare brucia. Brucia moltissimo, ed è anche fastidioso rimanere seduti per ascoltare quello che il deserto ha da dirmi… eppure c’è un senso anche in questo. Allora ripenso a quella frase che ho scritto all’inizio di queste righe, di quella gente che è morta facendo quello che gli piaceva o che è morta mentre realizzava la sua missione.

Io voglio realizzare la mia missione, voglio camminare verso quella strada, che poi forse non saprò dove mi porterà, cosa mi farà lasciare, cosa non potrò capire.. però la voglio intraprendere.

Fiducioso che tutto ha un senso, anche se in apparenza non è così. In questa Quaresima allora mi fermo nel deserto, mi siedo, riflettendo e ascoltando, su questa sabbia che brucia, che forse è dolorosa, ma che in fondo, c’è.

David Martinez

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