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Gli occhi disperati della dipendenza

L’altro pomeriggio sono entrata in un bar per fare un brek, prendermi un caffè ed una brioche. La mia attenzione appena entrata è caduta sulle slot machine a sinistra vicino al bancone. C’erano due persone:un giovane ed un anziano.
Non potevano immaginare lontanamente che tipo d’interesse avessi per loro. Il signore più anziano metteva nella slot banconote da 20 euro alla volta. Li osservavo e mi sono avvicinata. Ho iniziato a scambiare qualche parola.
«Come funziona?» chiedo io da finta ingenua. Si gira l’anziano velocemente e mi risponde: «Basta che metti un euro» e ritorna alla macchinetta. L’avevo sconcentrato.
Intanto osservo il giovane seduto sullo sgabello, piegato sulle spalle, sento il suono delle monete che scendono nel vassoio…sta vincendo…più volte….ma non si ferma, continua ad inserire monete. Anche lui si gira velocissimo. Mi guarda, ha gli occhi fissi, sgranati, si vede che sono stanchi, ma la voglia di giocare è troppa.
Mi dice: «Bastano anche 50 centesimi!». L’anziano continua a giocare banconote. La mia presenza accanto probabilmente spezza qualcosa della loro abitudine.
Chiedo: «Ma si vince o si perde di più?». Il vecchio si gira e finalmente iniziamo a parlare. «Si perde di più». Il giovane non risponde.
Chiedo se si rende conto delle trappole che portano a giocare sempre di più per sperare di recuperare quanto perso. «Sì’ -mi dice- lo so». Mi guarda. E’ pienamente consapevole della situazione, lucidamente consapevole, ma deve continuare.
Mi fissa negli occhi e mi dice: «È meglio non iniziare mai. È meglio non iniziare mai, ricordati. E quando vinci la prima volta sei fregato per sempre. Non iniziare mai!». Si gira verso la slot ed inserisce ancora una banconota da 20 euro.
Quegli occhi…quegli occhi. Erano profondi, consapevoli, trasmettevano la lucidità del baratro in cui era inghiottito. Non era felice, non c’ era la gioia e l’entusiasmo della vittoria. C’ era disperazione in quegli occhi. Quella disperazione lucida di chi si rende conto della sua situazione, ma non riesce ad uscirne. Quel giorno, al bar, ho visto gli occhi disperati… della dipendenza.
Silvia Gobbin 
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