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CHI CI POTRA’ SALVARE DAL TERRORISMO?

Siamo tutti sconvolti da quanto sta succedendo nel mondo in questi giorni… A tal proposito, ricevo dalla carissima amica, Franca Fortunato, laica e giornalista del Quotidiano del Sud, una sua riflessione sui fatti di Parigi. Franca fa incontrare le riflessioni di Luisa Muraro, filosofa, femminista  e fondatrice della Libreria delle Donne di Milano, con le affermazioni di papa Bergoglio.

Vi invito a leggere questo articolo perché ci aiuta a riflettere su ciò che sta avvenendo in questi giorni per superare posizioni, spesso ideologiche, contrapposte e pregiudiziali, e intraprendere sempre più la strada dell’ascolto profondo dei fatti e delle ragioni proprie e degli altri, della interiorizzazione di essi per poter dare risposte fatte di saggezza e positività che incontrano e aiutano a comprendere…

LA filosofa e femminista Luisa Muraro all’indomani della strage terroristica di Parigi, sul sito della libreria delle donne di Milano, scriveva: “ I criminali che il 7 gennaio hanno fatto strage nella pacifica redazione di un settimanale satirico, non sono peggiori dei politici e militari che, cent’anni fa, hanno voluto la prima guerra mondiale. Non ci sono giustificazioni né per quelli né per questi. La libertà di espressione è un bene prezioso che va difeso con tutto il coraggio che abbiamo e i mezzi leciti di cui disponiamo. Per la stessa ragione, il bene di esprimerci liberamente va usato senza censura, ma con la necessaria saggezza. Offendere i sentimenti profondi di donne e uomini non per una libera trasformazione della cultura ma solo per aver successo, come vendere più copie di un libro o di un film, questo non è saggezza. Peggio ancora è servirsi della libertà d’espressione per fomentare l’odio e la paura tra culture diverse, quale che sia lo scopo.“

Muraro (ci) pone due questioni fondamentali che voglio qui riprendere. La violenza come atto criminale e la necessaria saggezza nell’esercizio del diritto alla libertà di espressione.

Veniamo alla prima questione. Quelli che cent’anni fa hanno voluto quella che Simone Weil chiamò una “macelleria”, la prima guerra mondiale, appartenevano o no al civilissimo e democratico Occidente? Di quanti atti di terrorismo internazionale, di aggressioni il democratico Occidente si è macchiato dagli anni ’80 del Novecento (tanto per restare al nostro presente prossimo), ad oggi, in nome della sua superiorità culturale e per esportare quello che ritiene essere l’unico modello possibile, la sua democrazia ? Le parole che Noam Chomsky scrisse per gli americani, all’indomani dell’11 settembre 2001, non valgono anche per l’Occidente tutto?  “ Se gli altri ci fanno qualcosa – scrisse Chomsky – crolla il mondo. Ma se noi facciamo lo stesso agli altri è del tutto normale. Se siamo noi a massacrare gli altri non ci interessa, tendiamo a ritenere che ciò che noi facciamo agli altri non sia importante, se qualcuno compie azioni terroristiche contro di noi o contro i nostri alleati, allora si tratta di terrorismo, se invece siamo noi a condurre queste azioni contro altri, o lo fanno i nostri alleati, con maggiore efferatezza, allora si tratta di controterrorismo o guerra giusta”. Quante “guerre giuste” il civilissimo Occidente ha portato avanti in questi ultimi dieci anni per sconfiggere il terrorismo e liberare le donne? No, non ci sono scuse, né per i criminali del 7 gennaio a Parigi, né per gli occidentali. Chi salverà l’Occidente dal terrorismo? I Potenti? Forse, se solo smettessero di praticarlo. I popoli dell’Occidente? Le donne e le madri dei terroristi? Possibile. E’ quanto ci dice la sociologa e scrittrice austriaca Edit Schlaffer dell’organizzazione “Donne senza confini”, che ha creato la  prima piattaforma globale antiterrorismo basata sull’attivo coinvolgimento  delle donne e soprattutto delle madri. “In loro (nei figli arruolati alla guerra santa) – ci dice – rimane un persistente attaccamento alle loro madri. Tutte le madri di quelli che sono andati in Siria sono convinte che avrebbero potuto intervenire se avessero avuto più fiducia in se stesse, più conoscenze e più sostegno”.

E veniamo alla seconda questione, la libertà di espressione, un bene prezioso che, come tale, va usato con la necessaria saggezza. Quando ho ascoltato papa Francesco nell’intervista in aereo, mentre dallo Sri Lanka andava nelle Filippine, mi sono detta: “Ecco un uomo che parla del diritto della libertà di espressione con saggezza”. Le sue parole hanno fatto scandalo e, prima o poi, ne sono sicura, qualcuno, dopo averlo accusato di essere un comunista, lo accuserà di essere amico dei terroristi. La libertà  di espressione non ha limiti? Chi lo dice? La cultura illuministica,  hanno risposto in molti, prima fra tutti i francesi. Quella cultura, pensata senza le donne, che da lungo tempo è stata messa radicalmente in discussione dal femminismo della differenza che ha sempre parlato di libertà relazionale e non individuale. La concezione della libertà senza limiti fa tutt’uno con l’idea illuminista dell’ individuo autosufficiente, autonomo, slegato da ogni rapporto con gli altri e come tale detentore di diritti. Non esiste un tale individuo nella realtà. Veniamo al mondo nella relazione con la madre, viviamo nel mondo nella dipendenza dalle altre e dagli altri e dalla natura, come il Papa ha ricordato agli uomini, nella stessa intervista: “ Ci siamo impadroniti della Madre terra”. Fuori dalla dipendenza dalla relazione con l’altra/o non c’è vera libertà. Il limite è l’altra/o che ci chiede – come Muraro e il Papa ci ricordano – di “non offendere i sentimenti profondi di donne e uomini”, di non provocare, non insultare, non prendersi gioco della fede e della religione degli altri. Parole, in tal senso, che suonano come un’autocritica, sono arrivate da un uomo, Delfei de Ton, uno dei fondatori della rivista satirica francese:  “Ce l’ho davvero tanto con te, Charb. Pace all’anima tua. Che bisogno avevi di trascinare tutti in questa escalation. Credo che siamo degli imbecilli e degli incoscienti e che abbiamo corso un rischio inutile. Tutto qui.  Ci crediamo invulnerabili. Per anni, decine di anni, si fa della provocazione, e poi un giorno quella provocazione ci si ritorce contro. Non bisognava farlo”.

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