Attualità
La primavera di Zaher
La Cittadella Cielo di Frosinone ha ospitato l’incontro del Gruppo Immigrazione e Salute della Regione Lazio. Molte sono state le analisi del fenomeno dell’immigrazione da parte degli esperti e diverse le testimonianze di chi la povertà l’ha vissuta sulla propria pelle e ha avuto il coraggio di partire nella speranza di trovare una possibilità di vita migliore e che ora cercano di aiutare coloro che ancora non sono partiti.
Numerosi sono stati gli interventi e gli spunti di riflessione, ma noi vogliamo fermarci sulle parole di Zaher Rezai un ragazzino afghano morto poco dopo l’arrivo in Italia, citate da Salvatore Geraci, referente della Commissione Salute del Coordinamento Nazionale Immigrazione della Caritas Italiana.
“Questo corpo assetato e stanco forse non arriverà fino all’acqua del mare.
Non so ancora quale sogno mi riserverà il destino,
ma promettimi, Dio che non lascerai che finisca la primavera.
Oh mio caro, che dolore riserva l’attimo dell’attesa,
ma promettimi, Dio che non lascerai che finisca la primavera.”
Zaher era un ragazzo in fuga dalla sua terra, costretto a lavorare fin da piccolo come saldatore, che è costretto a partire per quello che viene chiamato “viaggio della speranza”. Le radiografie hanno accertato che l’età non sarebbe di 13 anni, come appariva sul documento, ma di 18.
Partire dall’Afghanistan per raggiungere l’Iran costa 300 dollari. In cammino tra montagne, deserto e campi minati. Il viaggio continua in Iran, dove il numero degli incidenti e i rischi sono molto alti. Si entra in Turchia fino a Istanbul e all’ isola greca Montamados dove Zaher viene arrestato dalla Polizia perché non aveva documenti. Gli viene notificato un provvedimento di espulsione: aveva trenta giorni per lasciare la Grecia. Viene arrestato e, essendo minorenne, affidato alla comunità di Teomitor, dalla quale fugge subito. A Patrasso sale sulla nave che giunge a Venezia. Al porto si nasconde sotto un camion per evitare i controlli, con l’biettivo di scendere dopo qualche chilometro per consegnarsi spontaneamente alla Questura chiedendo protezione internazionale. Ma il camion si ferma al semaforo di un centro abitato; qui, il ragazzo, cade e rimane schiacciato dalle ruote del Tir.
Il suo corpo è ritrovato accompagnato da un documento e un taccuino che conteneva alcuni schizzi sa saldatore e alcune poesie, scritte lungo il viaggio.
“Tu porti il profumo delle gemme che sbocciano,
sei come un fiore di primavera
Mi faccio per te inebriato e felice
quando vieni a cercarmi
È dolce il tuo affetto
amo parlare con te”
Oltre a far riflettere sul viaggio della speranza come una fuga dalla violazione dei diritti dell’uomo e non solo come fuga dalla povertà, le poesie di Zaher ci fanno intravedere suo rapporto semplice e puro con Dio.
“Non so ancora quale sogno mi riserverà il destino,
ma promettimi, Dio,
che non lascerai finisca la primavera.”
Riposa Zaher… la Primavera non finirà.