Attualità
Una pizza offerta dai ragazzi del carcere minorile di Airoli
La scorsa settimana i responsabili di Cittadella Cielo hanno chiesto a me e Luca di andare ad incontrare i ragazzi del carcere minorile di Airoli, tra Caserta e Benevento.
Abbiamo accettato subito con grande entusiasmo, nonostante la distanza da Frosinone e la nostra stanchezza accumulata, certi che sarebbe stata una meravigliosa esperienza di quella gioia nel dolore che come Piccoli della Gioia siamo chiamati a contemplare, penetrare, perderci e consumarci, una discesa agli inferi per portare la luce della resurrezione.
A causa del traffico pre-natalizio abbiamo tardato di circa un’ora per cui il momento pensato per la testimonianza di Luca, che doveva essere alle 18:30, è saltato.
Arriviamo al carcere, in pieno centro di Airoli: sembrava più un istituto scolastico dall’esterno ma, appena dentro, nonostante la calorosa accoglienza di coloro che ci avevano invitato, il passaggio dai controlli e dalle porte di sicurezza che si sono aperte per farci accedere, ci hanno riportati immediatamente all’idea del carcere.
Siamo arrivati giusto in tempo per la pizza; Alcune benefattrici , infatti, avevano dato l’opportunità ai ragazzi reclusi di fare un corso per pizzaioli che avrebbero così potuto spendersi fuori, una volta scontata la pena. Il corso si stava concludendo con un momento di festa con le pizze preparate dai ragazzi e tanta bella musica napoletana cantata da un bravissimo cantante partenopeo.
Era tutto piacevole ma sia io che Luca eravamo lì con un pizzico di dispiacere perché non ci veniva dato più modo di interagire con i ragazzi.
Giovani, per lo più tra i 16 e i 18 anni ancora non compiuti, tutti con baffetto, basette, capello curato…un po’ boss all’apparenza, ma io e ancor di più Luca, sapevamo che dietro quelle sembianze da duri c’erano dei cuori fragili, feriti, abbandonati, abusati, straziati e cercavamo di incontrare quei loro sguardi apparentemente spassionati e disincantati con i nostri, più accoglienti e benevoli.
Poi finalmente ci chiedono di andare nella sala dove i ragazzi facevano le pizze e volevano che Luca parlasse con loro, dicesse loro qualcosa. Ma erano così indaffarati nel far volteggiare gli impasti e infornare le pizze e nel servire ai tavoli che sembrava impossibile entrare in contatto con i loro cuori. Allora io mi sono avvicinata al direttore che era lì e gli ho chiesto se ci avesse concesso un po’ di tempo a “forno spento”, di là, nella sala da pranzo, così che Luca avrebbe potuto raccontare ai ragazzi la sua esperienza di vita. Il permesso ci viene concesso, così, non più di un quarto d’ora dopo, Luca si trova al centro della sala con davanti tutti quei ragazzi e tutto intorno i responsabili del carcere, i benefattori, i vari ospiti della serata ed io.
Inizia a parlare della sua infanzia e si rivolgeva ai ragazzi che aveva ad un passo da lui guardandoli dritti negli occhi. Era emozionato Luca, eppure di testimonianze ne fa tante anche con molte più persone e persino in tv.
Ma lì era dinanzi a tanti cuori che gli ricordavano il suo, a tante vite sul filo del rasoio tra la speranza e la morte, quel filo che anche lui ha conosciuto bene e sa quanto è affilato.
Poi finalmente arriva a parlare del suo desiderio, del bisogno di risalire dal baratro, di salvarsi, quel bisogno così profondo che lo portò per la prima volta a cercare Dio, a pregarlo con tutto il cuore che lo salvasse.
E allora subito giunse per lui la possibilità della risalita, attraverso l’ingresso nella comunità di Nuovi Orizzonti, possibilità che quella volta non si lasciò sfuggire, che lo portò ad intraprendere un percorso soprattutto all’inizio duro e faticoso ma che giorno dopo giorno l’aveva sempre più liberato dalle maschere dietro le quali aveva nascosto per così tanto tempo le sue fragilità, a sentirsi capace di amare gratuitamente, a dire ad un amico ti voglio bene senza volere nulla in cambio; ad essere sé stesso senza cercare di compiacere più nessuno, a sperare che anche per lui potesse esserci la possibilità di una vita non solo migliore, ma meravigliosa.
Ah se aveste potuto vedere i volti commossi, incantati, ammirati di ognuno di quei ragazzi che nell’ascoltare Luca si erano avvicinati l’un l’altro fino a stare spalla a spalla, alcuni si erano addirittura abbracciati, come un branco di lupi divenuti improvvisamente prede…dell’amore.
Si perché Luca non stava parlando solo di sé, ma ogni avvenimento, ogni emozione che condivideva era ben nota ad ognuno di loro, la rassegnazione di essere un malvivente la vivevano in tanti, il marchio di colui che tanto non cambierà mai era stato depositato anche su loro.
Ecco perché quando Luca ha poi raccontato chi è oggi, del suo imminente progetto matrimoniale, del suo desiderio di lavorare ed essere padre di una famiglia sana, semplice con al centro Dio e l’amore che Gesù è venuto ad insegnarci, allora quasi tutti non sono riusciti a trattenere gli occhi lucidi e per smorzare la commozione sono esplosi in un fragoroso applauso seguito da abbracci, domande, tanti ringraziamenti sia a Luca che a me, che lo avevo solo accompagnato ma che ho la grazia di contemplare ogni giorno il suo desiderio di creare una famigli insieme a me.
Oltre ai ragazzi, le lacrime, gli applausi e i ringraziamenti ed anche la richiesta di tornare sono venute da tutte le persone presenti e anche direttamente dal direttore del carcere.
Poi Luca ha ripreso la parola credo inspirato dallo Spirito Santo: “ Ragazzi, che vi devo dire…che voi siete qua…a me dispiace, …ma da un’altra parte ne sono contento…, perché so che qui avete la possibilità di riflettere sul punto della vostra vita in cui siete, di scegliere di cambiare direzione perché quella che avevate intrapreso fuori non ha altre mete che la morte o ancora il carcere. Di credere che per ognuno di voi c’è una possibilità di una vita meravigliosa. Forza ragazzi! Vi voglio bene ragà!”.