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I gesti di Gesù: “toccare”

Il verbo toccare non è molto frequente nei quattro vangeli: ricorre otto volte in Matteo, dodici in Marco, nove volte in Luca e una sola volta in Giovanni. Il verbo è utilizzato principalmente per parlare dell’attività taumaturgica di Gesù, del suo toccare salvifico, che porta guarigione: Gesù che tocca il lebbroso (Matteo 8, 3; Marco 1, 41; Luca 5, 13), la suocera di Simone (Matteo 8, 15; Marco 1, 31), l’emorroissa (Marco 5, 30.31; Luca 8, 45.46.47), il sordomuto (Marco 7, 53), i ciechi (Matteo9, 29; Marco 8, 22), il figlio morto della vedova di Nain (Lc 7, 14), il servo del sommo sacerdote al quale riattacca l’orecchio destro (Luca 22,51).

Ma non solo Gesù è soggetto del toccare: anche la folla e i malati cercano di toccare Gesù sperando di essere guariti (Matteo9, 20.21; 14, 36; Marco 3,10; 5, 27.28; 6,5) e gli portano i bambini perché il suo tocco possa raggiungerli (Marco10, 13; Luca 18, 15). Il toccare di Gesù nel racconto di Matteo inoltre incoraggia e rinforza la fede di Pietro, Giacomo e Giovanni sul monte della trasfigurazione (Matteo 17, 7).

Perché ci sono casi in cui Gesù tocca, mentre in altri dà solo un comando? Perché, a volte, fa gesti strani mentre tocca? Cosa vuol dire quando invece, è Gesù a essere toccato?

Anche oggi possiamo toccare Dio e in particolare, Santi come Francesco, Caterina da Siena, Gemma Galgani e Padre Pio lo hanno toccato attraverso le stimmate.

Le stimmate non sono per pochi eletti, ma c’è chi offre ogni giorno la propria sofferenza attraverso la malattia. Possiamo parlare dei malati.

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