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«Via i banchi!!!» Un nuovo modo di fare scuola

Solito posto, solita ora, solita maniera… Vi ricordate in che modo, a vostro tempo, raggiungevate ogni mattina la vostra aula scolastica? Il tragitto per arrivarvi, i pensieri, la voglia e la non voglia, quell’immagine stampata nella mente del vostro banco fermo lì, sempre uguale, ad aspettarvi, ogni giorno.

Per qualcuno un rifugio presso cui nascondersi da ansie e paure, per altri una specie di strumento di tortura a cui rimanere incollati per ore, per qualcuno luogo di passaggio tra mille alzate e cambi di posizione.

A volte vicino alla finestra, altre più prossimo alla porta, o meglio al centro dell’aula, spostato di sbieco o allineato dietro tanti altri; insomma anche ogni banco ha la sua storia. L’unica vera costante è la direzione: naso al prof.

Ma se ci fosse un altro modo per stare in aula? Via i banchi, fuori solo le sedie, finalmente liberi dalle schiene di chi di solito ci sta di fronte, spalla a spalla con i compagni.

È così che dalla ben strutturata formazione a schiera del tradizionale metodo scolastico, si passa alla ben più ignota disposizione a cerchio, che lascia più liberi di conoscere il volto di chi ci sta accanto, osservare espressioni e modi di fare, captare posture e segnali emotivi. E al centro? Al centro uno spazio vuoto e rotondo in cui poter mettere ciascuno di noi, ognuno con il proprio pezzo. Uno spazio che a volte fa paura.

Non so voi, ma io avrei pagato per potere avere la possibilità anche solo di provarci, a quell’età…

Ed è così che abbiamo cercato di entrare nelle aule di tanti ragazzi degli istituti tecnici superiori della nostra regione, proponendo un modo alternativo di stare in classe, beh più che altro di stare! Ci siamo seduti in cerchio con loro, perché fosse evidente che eravamo lì CON loro, per condividere e per ascoltare, per conoscere e per conoscerci.

È così che di solito adesso inizia la nostra lezione: «Prof spostiamo i banchi?». Come se dentro fosse grande l’esigenza di cambiare, di respirare, di provare un modo diverso.. e poi tanto rumore. Sì, perché i banchi sono pesanti ma, io credo, soprattutto perché c’è bisogno di farsi sentire, di fare casino per essere sicuri che gli altri sappiano che ci siamo, e che abbiamo tante cose da dire… ma poi tutti seduti, con tanti sguardi abbassati, braccia conserte, volti nascosti dietro il primo mezzo disponibile… «Siamo qui per ascoltarvi» e tanto silenzio.. Paradossalmente risulta difficile parlare quando finalmente si trova qualcuno che chiede di farlo, ed è lì proprio per dare retta a noi.

Nessun quaderno su cui segnare appunti, ma tanti dubbi, intuizioni, domande, desideri, speranze, sogni, da mettere al centro.

E la materia è la vita, esperienze personali, consigli, informazioni di interesse, testimonianze, condivisioni di sé stessi attraverso immagini, musiche, filmati, colori e cartelloni. Ognuno a modo proprio, secondo il proprio sentimento e talento, a volte con fatica, talvolta con entusiasmo e soddisfazione.

Quei ragazzi forse non se ne rendono conto ma ogni volta, in quell’aula, ci regalano vite e pezzi di speranze ancora accese. Non sarebbe giusto confessare ciò che di personale ci hanno onorato di sapere, ma una cosa ve la possiamo dire, ci hanno donato tanto del loro tempo e delle loro energie.

E quando l’aula non risulta più un posto al banco da cui scappare appena possibile, ma si rivela una sedia da cui poter imparare la vita e conoscere l’altro, allora sentiamo di aver ottenuto ciò che speravamo: «E’ suonata la campanella ma anche se usciamo 5 minuti dopo va bene lo stesso». Cinque minuti in più del LORO tempo, cinque minuti in più della LORO vita. «Evviva! Questa scuola ha funzionato!!!»

Ascoltate i ragazzi, ascoltateli! Perché hanno tante cose belle da dirvi!

                                                                                                          Vettori Susan

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