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Io canto: “È di quel bambino questa lacrima…”

Sono a Roma. In un continuo saliscendi dalla metropolitana in vista di arrivare puntuale ad un incontro ascolto una canzone: Il Cerchio. Una melodia molto orecchiabile che ha la capacità di alleggerire il frastuono di mille voci indaffarate dalla vita della capitale. La canzone ha parole forti, sfiora il legame generazionale più significativo, ricordandoci che non siamo il frutto del caso.

Dov’è il confine tra il ricordo e la realtà, tra il passato e il presente?”

Francesco, così si chiama l’autore del testo e della musica, è un giovane ragazzo segnato dalla dipartita di sua nonna. La racconta in un canto, con la musica, fra le note che dicono l’importanza di un punto di riferimento, ma lo velano con un linguaggio tra poesia ed immagini perché solo chi ha del tempo possa farne esperienza.

Il cerchio è la figura geometrica perfetta, la più naturale delle forme; non ha inizio e non ha fine ed in esso è racchiuso il concetto di unità e perfezione. Nonna e nipote; il cerchio perfetto che unisce passato e presente, ricordo e realtà. Una connessione no limits.

“Vorrei averti qua…” Mi colpiscono queste parole che si ripetono più volte nel brano.

È come se il canto si trasformasse nella più bella preghiera che un bambino ha il coraggio di gridare dentro sé. Di prima mattina, in un via vai di persone che corrono per adempiere i loro impegni, sentire una tale preghiera mi fa stare sul pezzo. Ciò che conta per me oggi è dire e sentirmi dire: «Vorrei averti qua…».

Nel frattempo in metropolitana incrocio solo volti di adulti, o di giovani che cercano di imitarli con atteggiamenti e modi di fare che gli sono peculiari. Non vedo bambini, non vedo anziani… «Sono cresciuto ed ho imparato che tutto viene e poi va…» Ma queste non sono le parole di noi adulti? Quando diventiamo grandi in effetti tendiamo un po’ a rassegnarci: così mi hanno detto; tutto viene e poi va… Dinanzi a dei vuoti, di fronte a delle sofferenze forse è questa la prima risposta che ci diamo.

C’è un però. C’è qualcuno che ci ricorda che tutto non è finito; così continua la canzone.

C’è un bambino che ci gioca dentro, è sua questa lacrima!» Ecco il segreto per la connessione immediata con chi non c’è più e la lacrima ne è la prova reale ed efficace. Essa infatti scende quando l’occhio vede ciò che tanto desidera… Ma solo una persona ne è capace in modo naturale: il bambino.

Ecco la perfezione del cerchio: bambino e anziano, uniti perché tutto abbia un senso, perché il tram tram della vita non anestetizzi l’adulto, ma continui a sentir vivere dentro di sé il bambino che cerca la sua origine, la sua storia; e trovi così la sua forza.

Sono un bambino e mi aggrapperò stretto alla forza della tua anima!”

La canzone finisce. Nel cuore ho tre parole: Non Sono Solo! Ritorno bambino per un giorno; inizio così la mia giornata! Una giornata felice perché il bambino in me ha rotto la sua monotonia!

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