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Il sapore di una colonna sonora
“Pensando alle mie partiture mi accorgo di essere affezionato a tutte perché tutte mi hanno fatto soffrire, come capita con i figli, ma mi hanno dato anche tante soddisfazioni”
Così Ennio Morricone raccontava la sua musica, durante il concerto di chiusura del Giubileo della Misericordia. 91 anni di vita, ai quali sento personalmente di essere grato.
In una parte della mia tesi di maturità avevo parlato di lui: volevo spiegare la relazione tra musica e immagine nel cinema e di come una colonna sonora può aiutare ciò che vediamo ad essere vissuto con un altro sapore.
Nella vita reale andiamo al mercato, prendiamo l’autobus, passeggiamo per strada e non abbiamo un sottofondo musicale che ci accompagna. Semmai il chiasso della gente o forse il rumore dei nostri pensieri. Quello che faceva Morricone e tutti i compositori di musica cinematografica era
Ed è così che se oggi mi fermo davanti ad un paesaggio e piango o mi commuovo ricordando speciali momenti, è perché nel mio animo nasce la sensazione che loro mi hanno insegnato a sentire. Il sapore della gioia, dell’amore, della tristezza, della malinconia, del desiderio… oggi lo conosco di più grazie a questa gente.
La musica di Morricone la stiamo ascoltando in questi giorni, allo stadio a porte chiuse prima delle partite, in qualche piazza delle nostre città, in televisione, in radio, su internet. È una musica che ha avuto a che fare con registi quali Sergio Leone, Pier Paolo Pasolini, Elio Petri, Dario Argento, Brian De Palma, Giuseppe Tornatore, Quentin Tarantino e tanti altri. È una musica che ha segnato la strada.
Sono le note duellanti e ritmate di “Per un pugno di dollari” (1964) e “Il buono, il brutto, il cattivo” (1966) nella famosa “trilogia del dollaro” e il tono epico per “C’era una volta il West” (1968) che hanno creato il clima per il perfetto stile western; i ritmi claustrofobici e saltellanti di “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” (1970) che hanno i colori del thriller e uno spiraglio di paura Argentiana; la delicata e sognante colonna sonora per “Mission” (1986) che accompagna il nostro sguardo sopra gli ampi paesaggi delle terre indigene; quella melodia elegante e più nostalgica per “Nuovo Cinema Paradiso” (1988) che mi provoca ancora adesso un’emozione non quantificabile; la graffiante e malinconica musica per “The Hateful Eight” (2015) che è una catapulta nel gotico Tarantiniano per un western tutto particolare.
Ennio Morricone non voleva disturbare. Così dice nel necrologio scritto da lui stesso, dove tutti i suoi grandi “Grazie” sono stati dedicati alla famiglia, alle sorelle, ai figli, ai nipoti, e il più grande a sua moglie Maria, compagna di una vita, alla quale ha dedicato il suo ultimo pensiero:
“Un saluto pieno, intenso e profondo ai miei figli Marco, Alessandra, Andrea e Giovanni, alla mia nuora Monica, e ai miei nipoti, Francesca, Valentina, Francesco e Luca.
Spero che comprendano quanto li ho amati.
Per ultima Maria (ma non ultima). A lei rinnovo l’amore straordinario che ci ha tenuto insieme e che mi dispiace abbandonare.
A Lei il più doloroso addio”.
È un addio che si sente, e mi piace sapere che l’ultima dedica di quest’uomo è una firma d’amore.
Voglio proprio ricordarlo così, attraverso un inno all’amore, quello dell’ultima scena di “Nuovo Cinema Paradiso” che mi commuove tanto quando Totò ormai adulto vede tutte le scene tagliate dei suoi film preferiti e ne scopre una bellezza che non conosceva ma aveva solo potuto intuire.
È un po’ come me davanti allo schermo quando vedo le immagini accompagnate dalla musica che mi provocano una sensazione speciale che già avevo, ma non me ne ero ancora accorto.
Grazie maestro, per averci disturbati… è stato un piacere.
Grazie per averci fatto commuovere e averci aiutato ad essere tutti, un po’ Totò.
David Martìnez