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“Francesco il ribelle” il libro di Padre Enzo Fortunato
Ho avuto modo di poter leggere l’ultimo libro di padre Enzo Fortunato: “Francesco il ribelle. Il linguaggio, i gesti e i luoghi di un uomo che ha segnato il corso della storia”, edito da Mondadori. Si tratta di una nuova biografia del Santo di Assisi con la prefazione del Segretario di Stato Vaticano, il Cardinale Pietro Parolin.
Dalla lettura si evince un inedito Francesco. Lo stile e il linguaggio sono attuali e moderni rendendo agile la lettura pur mantenendo piena fedeltà alla biografia e alla realtà dei fatti sfatando anche alcuni miti sul poverello di Assisi.
Come si legge nel testo: “La rottura con la mondanità e le feste, l’abbraccio dei lebbrosi, la rottura col padre. Rottura e ribellione. Meno drastici, almeno per la forma esterna, gli incontri con il sultano, il dialogo con il papa, la regola e la sua applicazione. Ma il radicalismo è innegabile, anche nel dialogo con l’istituzione. È questa infatti che deve riconoscere in Francesco, nella sua rivoluzione, il senso autentico che il cristianesimo rischia di smarrire. Sia chiaro, il figlio di Bernardone è un ribelle contro il suo tempo che va volgendo verso la vittoria dell’individualismo e della «società dell’avere», non contro la Chiesa e nemmeno contro la gerarchia”.
San Francesco avrebbe potuto rompere con la Chiesa come tanti nel suo tempo. Invece è stato strumento di pace ed unità. Anzi ha “ricostruito la Chiesa” grazie al suo esempio e alla sua testimonianza di vita in spirito di obbedienza ed incanalando la sua forza di “ribelle” nel vivere il vangelo con radicalità! E’ stato un autentico spirito libero e ribelle: si tratta di quella libertà di chi davvero è riuscito a conoscere se stesso mettendosi al giusto posto dinnanzi a Dio non dovendo più temere nulla. Una libertà frutto dell’ascesi nell’amore che spezza ogni dipendenza incarnando la frase evangelica “essere nel mondo ma non del mondo”. E’ la libertà nello Spirito Santo!
Sfogliando le pagine del libro mi sembrava di vedere uno sguardo forte che non avevo mai colto pensando alla sua mitezza come accade nell’episodio in cui Francesco è in piedi davanti al papà per difendersi, fermo e deciso. Padre Enzo Fortunato bene descrive questa posizione in piedi come segno di fermezza. Questa stessa forza interiore si declina in dolcezza ed umanità capace di trasgredire le regole nel seguente episodio:
“Dopo essersi fermati per un po’ di tempo a Rivotorto, Francesco e i suoi seguaci si stabiliscono alla Porziuncola. Proprio a Rivotorto, in questa primordiale nascente fraternità, troviamo dischiudersi uno dei gesti «ribelli» carichi di umanità che con sfaccettature diverse animerà lo stile dei figli della pace. Una notte, mentre tutti dormivano, in un periodo di digiuno, un frate si mise a gridare: «Muoio! Muoio!». Tutti si svegliarono stupefatti e spaventati. Francesco si alzò e fece accendere un lume e chiese: «Chi ha detto: “Muoio”?». Quel frate rispose: «Sono stato io, ché muoio di fame!». La risposta è sorprendente. Frate Francesco fece preparare la mensa e si mise – racconta lo Specchio di Perfezione al capitolo 27 – pieno di carità e discrezione a mangiare con lui, affinché non si vergognasse di prendere il cibo da solo. E volle che tutti gli altri frati partecipassero al pasto. Un episodio che sintetizza e manifesta un nuovo corso, non quello dell’intransigenza ma della comprensione e di una umanità carica di gesti evangelici che non respingono nessuno dietro il pretesto di regole e precetti”. (Enzo Fortunato: Francesco il ribelle. Il linguaggio, i gesti e i luoghi di un uomo che ha segnato il corso della storia, Mondadori, pag. 45).
Anche santa Chiara riflette lo spirito di Francesco quando combatte per la sua “Regola” sapendo che il Diritto Canonico è a servizio della Parola di Dio e dello Spirito Santo e non viceversa:
“Chiara non può accettare una regola che è anche espressione di una osservanza sociale radicata: la Chiesa voleva che le sue donne religiose fossero chiuse in un monastero. Il taglio dei capelli sancisce una separazione e una perdita. Non essere del mondo. Ma essere nel mondo? Nel 1219 la regola di Ugolino stabilisce per le Povere Dame recluse di San Damiano il divieto di vista e di parola in regime claustrale. Chiara aggira la clausura: una parte delle sue monache può uscire, parlare con gli altri; il messaggio è l’esortazione all’ammirazione del creato, una sorta di predicazione. Devono andare a curare le malate, le lebbrose, trovare un modo di occuparsi attivamente del prossimo. Si occuperanno dei malati, di tutti i malati: di ogni fede, anche dei musulmani. I lebbrosi, figura d’orrore per il giovane Francesco prima della conversione, nella società del tempo erano il male da emarginare. Le suore di Chiara faranno in parte una «vita di Maria», la vita contemplativa, in parte una «vita di Marta», la vita atti- va. Le due sorelle del Vangelo si stringono la mano. Le prime esortazioni di Francesco ponevano al centro delle scelte il coraggio di rivivere il Vangelo. Cristo aveva detto «siete nel mondo ma non del mondo». Dopo la morte di Francesco Chiara ingaggerà una lotta con le istituzioni ecclesiastiche che culminerà con la Regola scritta per l’«Ordine delle sorelle povere», il nome che scelse per la sua comunità, nel 1252 approvata dal cardinale Rainaldo. Chiara, che soffre di infermità gravi che la co- stringono a letto, a fasi alterne, dal 1228-29 fino alla morte, non insiste su digiuni e preghiere: ognuna ogni giorno deve ripensare alla sua promessa di rivivere pienamente il Vangelo, in libertà. La coscienza agisce ed è misura, l’ago del mondo è nel cuore dell’uomo. Ogni giorno bisognerà decidere il significato della parola cristiano. «Voglio essere come Lui, come te.» L’ostinazione è misura di una promessa. Muore l’11 agosto 1253. Papa Innocenzo IV è giunto a San Damiano due giorni prima, il 9 di agosto, per consegnarle la lettera papale che conferma la sua regola. Dopo la sua morte il nome dell’ordine sarà quello di Clarisse. (Enzo Fortunato: Francesco il ribelle. Il linguaggio, i gesti e i luoghi di un uomo che ha segnato il corso della storia, Mondadori, pag. 54-53).