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Belluno, 14-22 luglio 2018

E pensare che ero partita “tanto per…”. Tanto per fare un’esperienza quasi imposta. Sì, avevo preso quest’offerta, questa prova che credevo troppo grande per me come una punizione. Una punizione per allontanarmi dalle mie certezze. Che poi, diciamocela tutta, ma io che certezze ho?

Sono stati giorni intensi, giorni partiti con il mio solito sistema di pensieri: sarò sola, sarò invisibile e nessuno se ne accorgerà. Ma a Belluno, nella Cittadella Vena d’oro che cura le ferite, non è stato così. Non ho mai dovuto dire: “Oh, ci sono anche Io! Mi vedete?”; no, non l’ho detto perché tutti avevano una parola dolce, gentile nei miei riguardi; uno sguardo, un sorriso e un abbraccio vero. Ho avuto tanti doni e spesso mi sono chiesta se me li meritassi: non capivo cosa stesse succedendo.

Io, che mi sono sempre sentita inadeguata e incompetente, mi sono ritrovata in un vortice di emozioni che, finalmente, non dovevo reprimere. Ho iniziato a scorgere la bellezza dei colori dell’arcobaleno, la bellezza dentro e fuori me stessa. Sono davvero scesa nei miei inferi più profondi, dove avevo tenuto chiuse tutte quelle cose che potevano farmi male. Ho riaperto tutte quelle ferite che pensavo fossero già state curate e invece aspettavano un altro tipo di cura: la Tua Signore!

Mi sono messa in gioco a 360°, ho messo in discussione me, ho gettato le maschere, ho piazzato le mie paure davanti a Te, Signore, chiedendoti di aiutarmi. Mi sono liberata affidandomi a Te. Quant’è dura questa vita! Quant’è lungo questo percorso. Quant’è frenetico questo cammino!

È frenetico il mondo quassù. Non c’è un attimo libero per respirare. Respirare quest’aria di montagna, di natura incontaminata che mi parla di Te.

Dovrei prendermi del tempo solo per noi, solo per me e per Te ma tutta questa frenesia il tempo non me lo concede.

Domani questo sarà il mio impegno. Devo capire quello che mi stai chiedendo, anzi dicendo.

Mi sembra tutto troppo grande per me, e io mi sento troppo piccola. Piccola tra tanti, piccola circondata dall’immensità delle montagne.

Le montagne cercano di parlarmi di Te, tramite Te e io non riesco a capirle.

Butta giù la maschera, Alberta, sbarazzati della corazza che hai costruito in questi anni. La corazza in questo momento è il tuo unico nemico.

Domani è un altro giorno, il posto sarà lo stesso, e tu? Tu chi hai deciso di essere? La vera Alberta o quella che si fa 10.000 paranoie al secondo? Questo come lo chiami? Non è frenesia anche questo?

Oggi dico grazie. Mi porto a casa la gratitudine e l’arricchimento. Mi porto a casa due frasi che mi stanno riempiendo il cuore di gioia: Tu Sei un prodigio, Tu sei preziosa ai Suoi occhi.

Gratitudine, per tutto:

Per gli abbracci, quelli veri, quelli potenti che senti ti attraversano il corpo.
Per le lacrime, quelle dolorose e quelle piene di gioia.
Per i sorrisi, le testimonianze, gli arrivederci.
Per il sacco da boxe da prendere a pugni fino a che la mano non la senti più.
Ora so che io posso. Ora so che io voglio. Che non è stata una punizione ma il dono più bello che potessi ricevere.

Io posso. E via di sorrisi, di lacrime, di urla.

Cosa ti porti a casa? Un grande arricchimento, la consapevolezza di non esser invisibile, le frasi, quelle belle dette da chi non ti aspetti.

Cosa lasci? Lascio qualche maschera e qualche paura. A piccoli passi.

Un saluto: non lasciate che vi rubino la gioia.

Ecco, voglio provarci con tutta me stessa. Sì, voglio tutto ciò! Ora inizia il gioco, io sono pronta.

In Manus Tuas, solo con Te io posso guarire da tutte le mie sofferenze. Solo con Te io posso sentirmi viva e una figlia amata.

Sto imparando a cercarti senza sosta, incessantemente, con Te non voglio avere più paura!

“Guai a quanti scendono in Egitto per cercare aiuto […] senza cercare il Signore”.

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