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Chiara Amirante: Francesco conquista con la gioia del cuore

Intervista a Chiara Amirante a Vatican News, 17 Maggio 2020

All’uscita del suo ultimo libro “Dio è Gioia”, la fondatrice di “Nuovi Orizzonti” ricorda la visita del Papa alla Comunità nel settembre scorso. Francesco, dice, ti fa capire con immediatezza che il Vangelo è risurrezione e lo hanno compreso i nostri ragazzi, che si sono sentiti amati da un padre.

Li si potrebbe chiamare gli “specialisti” della gioia. A Nuovi Orizzonti questo sentimento è di casa e nel cuore di chi condivide la spiritualità dell’esperienza cominciata 25 anni fa da Chiara Amirante. E proprio della visita che il Papa ha voluto fare il 24 settembre 2019 alla Cittadella Cielo di Frosinone in occasione dell’anniversario parla il libro “Dio è Gioia”edito in collaborazione tra Libreria Editrice Vaticana e Piemme. Un volume che nelle sue prime pagine racconta la gioia secondo Francesco, ne indaga le caratteristiche, attraverso una breve intervista dell’autrice al Papa.

Chiara tu apri il libro con tre domande a Francesco sulla gioia. Cosa ti colpisce il suo modo di intenderla e di viverla?

Quello che mi colpisce è proprio come lui ci riporta al cuore del nostro essere cristiani che è proprio essere testimoni della gioia di Cristo Risorto. Perché forse ci fermiamo un po’ troppo alla Croce, che certamente è importantissima, però non dimentichiamo che il Calvario è un passaggio per la gloria della risurrezione e quindi siamo un po’ poco attenti a portare il Vangelo come la meravigliosa notizia. Ecco, Papa Francesco riesce a farlo veramente parlando da cuore a cuore e riesce con tanta profondità e anche con parole comprensibili per tutti a ricordarci che vivere il Vangelo non è un qualcosa fatto solo di precetti – di non devo, devo – ma il cuore del cristianesimo è proprio vivere il Vangelo e questo porta come frutto una pienezza interiore.

Nell’intervista che fai al Papa, Francesco mette in risalto anche un aspetto diverso da quello che, per così dire, è il gaudio spirituale e cioè l’umorismo. Anche questo, dice, è importante…

Questo è proprio un suo aspetto meraviglioso. Io devo dire che già nel primo colloquio che ho avuto con lui mi aveva condiviso proprio quanto il senso dell’umorismo per lui sia importante e che lui ogni giorno ripete questa preghiera di S. Tommaso Moro che chiede l’umorismo. Questo mi ha molto colpito perché effettivamente un po’di sano senso di umorismo, di autoironia, è qualcosa che anch’io ritengo fondamentale nella nostra vita. È una delle sue caratteristiche che a me personalmente conquista e vedo che è anche qualcosa che permette a lui di portare i pesi immensi che ogni giorno porta.

Tornando indietro con la memoria, a distanza di qualche mese, cosa ti è rimasto e vi è rimasto in cuore di quella visita alla vostra comunità?

Se devo dire in tre parole una sintesi di quella giornata, direi gioia ineffabile, commozione profonda e la percezione di sentirsi voluti bene personalmente da Papa Francesco. Siamo tutti rimasti colpiti anche dal suo volerci parlare a cuore aperto, non aveva preparato un discorso e dopo aver ascoltato le testimonianze mi ha davvero colpito il fatto che lui dicesse “non voglio rispondere alle domande perché mi sembrerebbe quasi di rovinare qualcosa di sacro”. Un Papa che pensa, rispondendo a delle domande, di rovinare qualcosa di sacro ti lascia un po’ sorpreso. E questo suo desiderio proprio di parlare rispondendo cuore a cuore a quanto i ragazzi gli hanno consegnato ci ha commosso in profondità.

Un’ultima domanda legata alla vostra esperienza di comunità, che in breve dimostra che per quanti inferni di dipendenze si possono aprire sotto i piedi di una persona, può sempre esserci un incontro con la “I” maiuscola che salva, che riscatta e restituisce senso alla vita, restituisce dignità. Che cosa si può fare perché questo incontro avvenga, per favorirlo?

Io credo che la cosa più importante sia essere testimoni di questo incontro, di come ci ha cambiato la vita, ma essere testimoni credibili, perché oggi i giovani più che ascoltare le parole guardano i fatti e guardano a ciò che tu trasmetti. Io vedo che perla maggior parte dei ragazzi che arrivano comunità da storie veramente devastanti – e ne arrivano tantissimi con il cuore spezzato e anche induriti, increduli, scettici verso tutto – ciò che in realtà li spinge poi ha iniziare un cammino spirituale anche se sono non credenti, o se sono arrabbiati con Dio nel caso che credano, sono fondamentalmente tre elementi. Primo è il fatto di sentirsi voluti bene e accettati così come sono – esperienza che raramente loro hanno fatto nella vita. Il secondo elemento importante è il vedere nei ragazzi quella gioia che tutti noi cerchiamo. Quando tu la vedi in altri ragazzi che vengono dagli stessi inferni, ti fa dire: “Allora è possibile per me, anche per me”. E poi scoprire che il cristianesimo è qualcosa di vitale, qualcosa che ha a che fare con la nostra vita. Ecco, questa esperienza di Vangelo vissuto, che dona gioia, che dona pace, ci fa sperimentare la famiglia, che loro non hanno mai avuto, e sono tutti elementi che avvicinano. E quando si prova ad aprire il cuore a Dio, Dio sa sempre come fare breccia.

Chiara Amirante nell’intervista con Alessandro De Carolis 

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