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Grazie a voi qualcuno parla di noi!

La mia esperienza di missione in Brasile

Siamo in una Favela di Quixadà, un paese non molto lontano da Fortaleza con un gruppo di apprendisti missionari. Nuovi Orizzonti ha messo le radici in questo continente da molti anni e ha realizzato il sogno di Dio cercando di dare vita a due Cittadelle Cielo, una a Fortaleza e l’altra a Quixadà.

Siamo all’ingresso di questa casa della Favela e mettiamo in atto quel linguaggio che accomuna qualsiasi uomo di qualsiasi cultura e che in un certo modo è l’essenza del Carisma Nuovi Orizzonti: il sorriso, un abbraccio, uno sguardo che apra al Cielo.

Grazie perché grazie a voi mi vedono anche da lontano. Questa è stata una delle prime parole che un uomo ci ha rivolto quando ha saputo che eravamo dei missionari italiani.

Grazie perché mi fate conoscere ad altri. È bastato un gesto di saluto, un sorriso e un tentativo di dialogo con chi come noi non ha la padronanza della lingua; sembrava che il solo fatto di essere degli stranieri interessati a lui fosse un evento quasi straordinario. In Favela intuisci che le giornate passano lentamente in ricerca di qualcosa da mangiare, di una speranza che non succedano violenze e rapine. Sì, perché alle volte sembra questo il pane quotidiano per tanti che non hanno la possibilità di farsi sentire.

Grazie perché siete entrati in casa mia. Con entusiasmo si è affrettato ad aprirci casa perché la potessimo  visitare; sembrava volesse già aprirci il suo mondo e con la casa tutta la sua vita. Puo´ apparire riduttivo ma forse anche no: la casa, avere una casa, poter tornare a casa vuol dire sentirsi amati.

Grazie perché qualcuno mi conoscerà al di fuori di questa routine. È proprio il ritmo di questa vita in attesa, alle volte rassegnata, che porta tanti giovani apprendisti missionari ad entrare in punta di piedi nelle vite di molti per portare una goccia d’amore che si concretizza con dei piccoli gesti di attenzione e così riaccendere una speranza nuova o forse sempre presente in tanti cuori che non hanno nessuno o pochi che li ascoltino e che di conseguenza sono costretti a spendere tante delle loro forze per raccattare qualche lavoretto e poter così mangiare.

Grazie ancora per essere passati. 

Dimenticavo una cosa: la sua casa non aveva una porta, non aveva un pavimento, non aveva l’acqua potabile. Eppure ci ha aperto la sua casa con la porta del sorriso, ci ha fatto camminare sul pavimento della sua povertà irrigata di lacrime di dolore ma anche piccole speranze e ci ha offerto l’acqua più buona che avessimo mai assaggiato, ovvero l’acqua della gratitudine.

Grazie!

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