Arte
L’icona di San Raffaele
Carissimi amici, eccoci ed è ancora Iconografia! Pubblico di seguito una condivisione di Rachel, molto bella e intensa che ci fa entrare nel pieno dell’icona e della relazione con essa.
Spesso nell’ambito dell’arte gli iconografi vengono classificati come artigiani sacri che copiono modelli antichi.
Ivece siamo di fronte ad un vero e proprio ministero dove lo “scrittore di icone” diventa un “canale di grazia! come ci dice Rachel contribuendo con alla tradizione con il proprio talento a servizio della Bellezza.
Ogni icona è intrisa di significati meravigliosi e ricca di simbolismo: ecco che i volti dei vari personaggi riprendono sempre un unico volto quello di Cristo. Siamo creati a Sua Immagine ed un giorno, nel giorno della Resurrezione avremo il Suo volto (speriamo).
“C’è un oggetto davanti al quale tutti, dico proprio TUTTI si fermano quando vengono a casa mia. Facciamo un giro nel giardino, vediamo la cucina, il salotto, le stanze da letto, entriamo nella stanza da letto di Adriano… In genere, c’è un attimo di silenzio e un solo commento: “E’ bello!”
Non do nessuna spiegazione, non dico niente che potrebbe razionalizzare l’alone di mistero, di stupore che si è creato. Faccio solo le presentazioni: “E’ San Raffaele”.
“Ah…”
Non spiego che dietro l’icona di San Raffaele, quest’oggetto vivo, quest’immagine-presenza, c’è per me un doppio viso: Il viso di Cristo e il viso di Violetta.
Il viso di Cristo, non tocca a me parlarne, lo fa l’icona in un modo struggente.
Forse possodirvi io qualcosa di Violetta…
Ho incontrato Violetta a Marino, vicino Roma, dove ho vissuto per diversi anni. Devo confessare che quando mia cognata – sapendo che cercavo un’icona per il battesimo di Adriano – mi ha parlato per la prima volta di Violetta, ero un po’ dubbiosa. “Da Marino può uscire qualcosa di buono?”
Dopo cinque minuti, invece, ero convita che era LEI, e che sarebbe stata non solo brava, ma un canale di grazia.
Guardo l’icona e tante cose – in modo velato – mi parlano di Violetta. Ha preparato tutto lei, la tavola di legno, i colori a base di pigmenti naturali, il disegno.
Non c’è niente di finto nell’icona, non si vergogna. Il blu del pesce che sta nelle mani di San Raffaele, non l’ho visto da nessun’altra parte. Mi ricorda vagamente il blu della cattedrale di Chartres. Tutto diventa paradossale: i vestiti sono nudità. I colori, inauditi, velano e svelano il mistero in un gioco senza fine.
Vedo la calma di lei: il disegno non è veloce, nervoso o sbrigativo. Prende il tempo del racconto. E la storia parla di una relazione tra un giovane viaggiatore e chi l’accompagna.
Stiamo davanti a quello che potrebbe essereuna foto ricordo e capiamo che insieme questi due hanno vissuto tante avventure, visto tanti paesaggi, incrociato tanta gente. Come lei, sicuramente.
Negli occhi dell’angelo vedo una punta di sofferenza. Saranno state le ore di lavoro e di preghiera, nell’afa dell’estate a Firenze; sarà stata la frustrazione di ricominciare, oppure l’angelo stesso che a volte sfugge e a volte c’è, ma ti chiede troppo
Un angelo, si sa, è un essere sia leggero che imponente, sopratutto se si chiama Raffaele. Saranno state tante cose che io non so e che rendono l’icona cosi unica, speciale, irrepetibile.
Alla sera, quando metto Adriano a letto, guardiamo l’icona che brilla nel buio, le mandiamo un bacio con la mano, la accarezziamo. Non c’è bisogno di parole. E’ presenza nella notte.”