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«Sono felice perché ho Gerusalemme sotto casa!»

Carlo Acutis è un giovane ragazzo di Milano nato il 3 maggio 1991. Trascorse l’infanzia circondato dall’affetto dei suoi cari e imparando da subito ad amare il Signore, tanto da essere ammesso alla Prima Comunione ad appena sette anni. Alla scuola della Parrocchia di Santa Maria Segreta a Milano, s’impegnò a vivere l’amicizia con Gesù e l’amore filiale alla Vergine Maria, ma fu anche attento ai problemi delle persone che gli stavano accanto. Colpito da una forma di leucemia fulminante, la visse come prova da offrire per il Papa e per la Chiesa. Lasciò questo mondo il 12 ottobre 2006, nell’ospedale San Gerardo di Monza, a quindici anni compiuti. Il 13 maggio 2013 la Santa Sede ha concesso il nulla osta per l’avvio della sua causa di beatificazione. Il 5 luglio 2018 papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto che dichiarava Venerabile Carlo. Il suo corpo è stato traslato il 6 aprile nella chiesa della Spogliazione in Assisi. Abbiamo incontrato la mamma di Carlo e a lei abbiamo rivolto alcune domande.

Carlo. Un ragazzo giovane e pieno di zelo per Dio e per l’Eucarestia. Che messaggio avrebbe da dare oggi a quanti soffrono di solitudine, di allontanamento da Dio, di rabbia, di dolore…?

Credo che per Carlo  l’essenziale fosse essere certi che Dio è con noi tutti i giorni, così come ce l’ha promesso: «Io sarò con voi tutti i giorni fino alla fine dei tempi». Ed è vero! Lui mantiene la promessa perché è una promessa di Dio.

Il Signore ha scelto in modo speciale il sacramento dell’Eucarestia per rendersi presente realmente tutti i giorni in mezzo a noi. Quando si va in una chiesa dove c’è magari il tabernacolo chiuso ed un lumino acceso, lì lo si può ‘vedere’.

Carlo, per esempio, si metteva lì davanti al tabernacolo: dialogava con Gesù, gli parlava, gli raccontava le sue cose, pregava, cercava di intercedere per i suoi fratelli, per le persone che avevano bisogno. Ci parlava come ad un amico, partecipando tutti i giorni alla santa messa dove, convintissimo, si riceve Gesù vivo. È vero – amava ripetere – dentro di noi Gesù opera delle cose straordinarie, ci trasforma sempre più.

Per mio figlio Gesù Eucarestia piano piano ti cambia e ti fa diventare quello che appunto è nel suo pensiero: essere sempre più simili a Lui perché tutti siamo chiamati a essere come Gesù.

Per lui questo era una tale certezza, una cosa per la quale veramente vivere credendoci. La sua vita era una gioia continua. Se facevamo un viaggio, la prima preoccupazione era di trovare vicino all’albergo una chiesa dove venisse celebrata una messa: ci teneva tantissimo a questo incontro quotidiano.

È vero, anche per lui Dio lo possiamo trovare dove due o più persone sono riunite nel Suo nome o in mezzo ai fratelli bisognosi. Ci sono tante modalità con cui Gesù è presente, ma la Sua presenza viva, reale è nel sacramento eucaristico. Per Carlo era un’evidenza: siccome siamo fatti di carne e non solo di spirito, Dio ha voluto darci questo alimento quotidiano. Come noi ci cibiamo tutti i giorni per poter vivere, dobbiamo cibarci anche dell’Eucarestia; essa spazza via tutte le tristezze.

Carlo amava ripetere: la tristezza è lo sguardo rivolto verso sé stessi e la felicità è lo sguardo rivolto verso Dio.

Per un ragazzo come lui mettere Dio al primo posto nella propria vita significava veramente vivere una vita felice, piena, già in questa terra. Era sperimentare il paradiso.

Il Signore era inoltre per lui fonte di guarigione: Gesù era il grande guaritore delle anime ed è la Persona a cui dovremmo affidarci.

Ciò che ci rende tristi è il ripiegamento verso il proprio io: la grande battaglia, secondo lui, è la battaglia con sé stessi!

E allora io penso che anche per mio figlio il ‘metodo’ era questo e lo consiglio ai giovani come lui: se uno si ciba tutti i giorni dell’Eucarestia sperimenterà dei cambiamenti radicali nella propria vita, come San Francesco che arrivò a dire: «Ciò che mi sembrava amaro, mi fu cambiato in dolcezza d’anima e di corpo». Con il Pane di Dio, per Carlo, si arriva a cambiare veramente!

Carlo ha individuato nella sua vita un’autostrada che gli permettesse di correre a tutta velocità verso la sua meta ovvero la felicità. Cosa direbbe oggi ad un giovane molto lontano dalla Chiesa, dai sacramenti? Qual è il segreto, secondo lui, della felicità per un giovane?

Per lui il segreto della felicità era sapere che Dio è con noi, tutti i giorni, mettendolo al primo posto. Carlo ha fatto anche il catechista e si era reso conto che i ragazzi non capivano questo grande regalo qual era l’eucarestia. Ha realizzato allora una mostra dei miracoli eucaristici, cercando di svegliare le coscienze.

Era molto legato al miracolo di Lanciano: il pane si trasforma in carne e il vino in sangue. Erano, per un ragazzo, delle cose straordinarie. Aveva fatto conoscere come questo miracolo risultasse essere una parte del cuore, del miocardio, il muscolo grazie al cuore il cuore pompa e dà tutta la forza al cuore.

Tutto ciò significava un segno di quanto Dio volesse darci come messaggio: il cuore è il simbolo delle decisioni più profonde, è la realtà che aderisce a Dio ed è là che si consuma tutto. Il cuore poi è il simbolo delle emozioni e quindi diciamo che dandoci questa visione del cuore, secondo Carlo, Gesù ha voluto proprio richiamarci che nell’Eucarestia veramente c’è Dio, c’è la fonte dell’amore, il fine di ogni cristiano e quell’alimento ci aiuta a crescere nell’amore per il prossimo.

Carlo e i media. Nella sua adolescenza era appassionato di media. Ha creato un blog per far conoscere ancor di più i miracoli eucaristici. Quanto e come ha cambiato la sua vita la scoperta del miracolo dei miracoli, ovvero un Dio che si fa pane? Questo messaggio è ancora attuale per i giovani?

La mostra di Carlo sta girando in tutto il mondo: se ne parla negli Stati Uniti, nei Campus Universitari, arrivando in India, in Africa, in Australia, nei paesi dell’Asia, a Fatima, a Paray-le-Monial, a Guadalupe.

Questo ci fa capire come il suo messaggio ed il suo lavoro abbia portato tanto frutto. Ogni giorno riceviamo email di persone che si avvicinano all’Eucarestia e a Dio dopo tanti anni di lontananza.

Aveva capito il segreto della felicità: Gesù! Questo è il problema di oggi. Tanti volti tristi, tante persone tristi sono, secondo il suo messaggio, tali perché di fatto si sono scostate dalla fonte dell’amore, del bene. Questo è il grande problema!

Carlo era un ragazzo molto buono. Questo amore enorme che lui aveva per Gesù lo portava a dire che l’Eucarestia era la sua autostrada per il cielo. Fece la comunione a 7 anni e da allora andava i tutti i giorni a messa e si comunicava. Faceva sempre un pochino di adorazione eucaristica prima o dopo la messa.

Mi diceva che noi siamo molto più fortunati dei discepoli di 2000 anni fa. Le persone di allora per vedere Gesù dovevano fare chilometri ed erano limitate dallo spazio e dal tempo. Per noi invece bastava scendere nella chiesa sotto casa dove c’era Gesù nel tabernacolo: «Abbiamo Gerusalemme sotto casa!».

Ecco, questo era lui e questa era la sua vita!

Come Gesù si dona a noi attraverso l’Eucaristia così Carlo, alla scuola di Gesù, ha imparato anche a donarsi agli altri. Aiutava i clochard in strada: coi suoi risparmi comprava loro il sacco a pelo, portava parte della sua cena ogni sera a chi era senza cibo, organizzandosi in maniera tale che faceva cucinare un pochino di più e portava la parte della cena a queste persone assieme a delle bevande calde.

Aiutava i compagni in difficoltà o che vedeva magari con drammi familiari come il divorzio e la separazione dei genitori e aveva un’attenzione particolare per i ragazzi che avevano una certa timidezza. Anche per i soggetti un po’ tendenti al bullismo lui se li riprendeva a braccetto e cercava paternamente di metterli a proprio agio, di aiutarli.

Voleva che tutti capissero l’importanza dell’Eucarestia dove c’è Dio realmente presente, vivo. Questa era per lui una certezza, una gioia grandissima!

Allora possiamo dire anche noi assieme a Carlo che possiamo essere felici perché abbiamo Gerusalemme sotto casa!

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