ArtePensieri e Riflessioni

“Dove Dio respira di nascosto”

Alla scoperta del libro di don Paolo Alliata

Inevitabilmente ci attira, questo titolo del libro del sacerdote milanese don Paolo Alliata (Ponte alle Grazie, 2019), perché è una risposta alla domanda celata nel cuore di ciascuno, da sempre: dove sei Dio? E allora volentieri si entra nelle sue pagine per passeggiare nei boschi della letteratura e dell’arte, pronti a riconoscere il respiro di Dio lì dove ‘un uomo o una donna mettono mano al mistero di vivere e lo esprimono attraverso parole, immagini e racconti’. Il volumetto, infatti, raccoglie letture di pagine o opere letterarie, ma anche di testi della cultura popolare come i film di animazione, che descrivono e rappresentano il mistero della Vita, quella stessa raccontata dai Vangeli, con i quali spesso, i brani scelti, dialogano nel commento dell’autore.


Dentro di me c’è una sorgente profonda e in quella sorgente c’è Dio.

Così, all’inizio, nella sezione ‘Il dono’ troviamo Van Gogh che racconta, in una lettera al fratello Theo, la sua solitudine: Hai nell’anima un grande fuoco e nessuno viene mai a scaldarsi… Che fare? … attendere l’ora in cui qualcuno voglia venire a sedersi accanto. La condizione dolorosa e molto comune di sentirsi un tesoro inutile, che nessuno è interessato a cercare, di sapere la propria bellezza sepolta sotto strati di ferite, paure, incomprensioni, errori. Ciò che abbellisce il deserto è che nasconde un pozzo in qualche luogo, dice il Piccolo Principe all’Aviatore,suggerendogli l’idea che la bellezza è invisibile agli occhi. Eppure occhi profetici sono in grado di vederla e riconoscerla la bellezza nascosta di ciascuno. È quello che fa Gesù quando incontra una donna di Samaria presso un pozzo, un giorno in cui è stanco e fa molto caldo. Conosce la solitudine della donna, ma anche il suo tesoro nascosto, e la aiuta a dissotterrarlo perché possa tornare a vivere, ad essere sorgente. Vale per lei e per ciascuno di noi ciò che scrive in proposito Etty Hillesum: Dentro di me c’è una sorgente profonda e in quella sorgente c’è Dio.

Poco più avanti, nella seconda sezione intitolata ‘La Vita che ci chiama’, incontriamo la simpatica famiglia preistorica dei Croods, un gruppo familiare di tre generazioni che vive rintanato nella propria caverna per paura del mondo esterno pieno di pericoli. Per loro si alzerà quello stesso grido che ordinò a Lazzaro: Vieni fuori! ,invitandolo ad uscire dalla morte per tornare a vivere. Quella dei Croods è la storia di chi sceglie la sicurezza di una caverna rinunciando al rischio di vivere, mentre Vivere è riprendere il cammino di libertà, è accettare la possibilità di farsi male, è rinunciare alle bende del passato come alibi e alle fasce del rancore, da cui spesso scegliamo di rimanere avvolti.

È la circolazione dell’amore la sorgente di tutte le cose.

La Vita è così, non tollera di rimanere rinchiusa né in una caverna né nel pugno stretto di una mano. Ce lo racconta e insegna il grande Dostoevskij nel capitolo dal titolo tagliente, che descrive il possesso come radice di ogni divisione, di tutte le follie del male: Il principio primo dell’inferno è dire MIO. Ad esso si oppone la Parola che nel Salmo 24,1 dice: Del Signore è la terra e quanto contiene, cioè nulla è veramente nostro, noi abbiamo, non possediamo le cose. e le parole stesse del Signore: Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo vi ho detto che lo Spirito Santo [il Respiro di Dio] prenderà del mio e ve lo annuncerà. Gesù ci dà del suo perché sia nostro. La Vita è così, più la doni più è tua, più la tieni stretta in un pugno più ‘ti si bucan le mani’ e la perdi. ‘Ancora di più: ogni esistenza emerge dal Gioco divino dell’amore fatto circolare. È la circolazione dell’amore la sorgente di tutte le cose. ’

Nelle 4 sezioni del libro (le ultime due sono: Coltivare lo sguardo, Il coraggio di diventare se stessi), un doppio piacere attende il lettore, quello della perdita e quello dell’incontro imprevisto. Due piaceri tipici di un bosco ospitale, in cui vagando si trova sempre una strada inattesa o qualcuno che in un certo senso ci attendeva.


La nostra ora è quella in cui dobbiamo dare il meglio di noi.

Potrebbe essere Babette, protagonista del romanzo di K. Blixen, ‘Il pranzo di Babette’, che rilegge l’episodio centrale della nostra storia cristiana, la Pasqua di Gesù. Babette è una donna disperata, scappata da Parigi dopo il fallimento della Comune; senza più marito e figlio si rifugia in Norvegia, in un villaggio confinato in un fiordo, poche persone ‘raccolte in una setta religiosa’. Per quindici anni vive nascostamente, accolta come una serva, non ha motivo di raccontare al mondo che è una grande artista, una cuoca straordinaria. Arriva però la sua ora, nella quale si rivela in forma di dono. E così la sua storia intreccia quella di Gesù, che nella sua ora, rivelò la sua regalità nel dono supremo della vita. Anche Babette dà tutto: usa tutti i soldi inaspettatamente vinti in una lotteria per imbandire un pranzo per i propri ospiti. Anche lei troverà la resistenza di chi non riesce ad accettare il dono, come Pietro che rifiuta di farsi lavare i piedi durante l’Ultima cena. La nostra ora è quella in cui dobbiamo dare il meglio di noi. ‘Quando siamo radicati nel meglio di noi stessi, … siamo definitivamente vivi’.

Entrando in queste storie, incontrando questi personaggi alla svolta di un sentiero del bosco, avvertiamo il soffio (il Respiro) di una parola letta che ci legge, parla con noi, e apre squarci sulla nostra verità.

                                                                                                                                 Massimo Leone

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