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Tutta la luce nel nostro Horror

IT 2, ovvero: come salvare le nostre ferite.

Mi piacerebbe vivere una vita tranquilla, senza preoccupazioni e rimorsi, senza errori e attriti con gli altri, in serenità, ma sarebbe una bugia che racconto a me stesso.

Credo che più o meno tutti cerchiamo di scegliere la via più comoda e più facile.

Ma avete presente quelle volte in cui dite che va tutto bene e d’un tratto sentite che non è proprio vero? Come se steste mentendo, come fosse un modo di evadere la causa, come fosse una pentola tappata che resisterà ancora per poco.

In queste settimane ha riscosso enorme successo il sequel del film “IT”, riconosciuto nel 2017 come il maggior incasso di sempre per un film horror.

Le nostre ferite, se non vengono affrontate, torneranno sempre a tormentarci.

È la seconda parte della storia che narra una battaglia: quella tra noi e le nostre paure. Sì, perché i sette ragazzini protagonisti hanno affrontato un malefico clown nelle fogne, che ciclicamente torna alla superficie per divorare e terrorizzare.

Sono passati 27 anni dall’ ultima volta, e Pennywise, detto anche IT, è tornato di nuovo, quasi a dirci che le nostre ferite, se non vengono affrontate, torneranno sempre a tormentarci.

Vediamo se riusciamo a capirci: Billy ha fatto finta di star male in un giorno di pioggia per non accompagnare il fratellino fuori che è poi morto sbranato, ora convive con il senso di colpa e il dovere di salvare sempre tutti; Beverly era figlia di una madre suicida e di un padre violento che abusava di lei e ora è sposata con un marito identico al padre; Ritchie è un commediante estroverso di apparente successo ma ancora nasconde l’immensa vergogna per la sua omosessualità fin da bambino; Mike ha perso i genitori in un incendio appiccato dal padre stesso e ora vive rinchiuso in una claustrofobica casa senza vedere il sole; Ben era grasso e veniva bullizzato da tutti per la sua stazza, ora è diventato un palestrato, ma ogni volta che si guarda allo specchio è incerto perché sente ancora di essere quel solito“ciccione” non visto da nessuno; Eddie era succube delle paranoie di una madre immatura che chiedeva al figlio di proteggerla e ora vive con mille fobie enella paranoia di non essere abbastanza forte per nessuno; Stan era il più fragile, troppo razionale e perfettino, insicuro e timido e si toglierà la vita ad inizio film.

IT rappresenta la battaglia con le nostre paure, la personificazione dei nostri terrori, dei traumi che ci hanno spaccato dentro,delle ferite e del dolore che abbiamo cercato di non sentire, di nascondere, di dimenticare.

IT ci mostra come il male entri nella nostra vita, camuffando il suo vero aspetto (in questo caso in un clown ballerino)e lentamente si fa spazio facendo leva sulle nostre debolezze, quelle che conosciamo solo noi, giocando con i nostri complessi adolescenziali, con le frustrazioni interiori, con le perversioni che cerchiamo di nascondere… dialoga con tutto ciò di noi che ci fa paura.

Quei ragazzini sono cresciuti e crescendo hanno dimenticato…

Nel corso del film, i protagonisti torneranno in città alla luce di un giuramento fatto da bambini per combattere quel clown che tanto ha fatto loro male. Quella fu una battaglia vinta con la forza dell’amicizia, ora la battaglia deve essere una battaglia di volontà.

Si tratta di un male combattuto, un male affrontato, e soprattutto di un male accettato.

Sarà Mike a dire che l’unico modo per vincere è quello di recuperare i ricordi, il passato, di far riaffiorare quegli episodi attraverso oggetti concreti, da bruciare poi in un rito tribale.

“Il passato deve bruciare col presente!”

Lo dice anche a noi. A noi che tendiamo a nascondere le cose brutte, a non fidarci perché ci hanno ferito troppo, e non raccontiamo a nessuno i nostri problemi, a noi che pensiamo di essere forti,dei duri che non hanno bisogno, a noi quando evitiamo lo sguardo degli altri che potrebbe denudarci o ci convinciamo di avere una vita normale quando intanto siamo arrabbiati dentro.

Questo film vuole darci un insegnamento: bisogna recuperare il passato per godere il presente, bisogna recuperare le nostre ferite per poterle sanare.

Ecco che allora il peso dei giorni si fa sentire,in realtà non vorremmo aprire la mappa dei nostri ricordi che, messi in un cassetto ad ammuffire, fanno molto meno male.

Non stiamo parlando solo di un passaggio – dalle paure infantili alle condizioni irrisolte dell’età adulta – ma anche della strada disassata che ci conduce a casa.

A volte so che devo affrontare le mie voragini interiori, che ogni scelta comporta una rinuncia e per maturare devo tagliare qualcosa, che ho una forte resistenza a perdere le mie convinzioni e le mie zone di comfort, che ho paura di perdere tutto, di rimanere solo, di non essere all’ altezza … eppure devo togliere il tappo a tutto quello che ho nascosto sotto il tappeto per timore.

I protagonisti del film si chiamano tra loro “perdenti”, è il loro nome in codice, un identificativo che mi ricorda che prima o dopo tutti abbiamo perso nella vita, ma che “la cosa bella di essere un perdente è non avere più niente da perdere”.

Essi nel loro dolore trovano la salvezza, scoprono il modo per salvare le nostre ferite. Tornare a ricordarsi per poterle accettare e infine per saperle affrontare senza scappare.

Non è un caso che IT viva in quella che chiameranno “acqua nera”, cioè nelle fogne, il posto più sporco e nascosto della città,occultato dall’ombra e dalla puzza di tutto ciò che inquina.

Credo che le nostre giornate diventano horror così, quando iniziamo a sotterrare le scorie nelle fogne della nostra personalità. Ma è proprio prendendo consapevolezza delle fragilità che una luce si accende. Spariscono le cicatrici (come spariranno ai perdenti una volta compiuto il rito), perché nel male non tutto rimane cattivo.Prendere confidenza coi dolori diventa salvifico, diventa il punto di accesso alla propria libertà.

Non è un dettaglio da poco, che ad un certo punto Eddie usi una lancia che gli ha dato Beverly, e infilzando quel mostro che li ha perseguitati tutta la vita, ripeterà molte volte, quasi fosse una preghiera:

“Uccide i mostri! Se ci credi funziona!” .

Esco dalla sala affascinato, colpito dal fatto che molti ragazzi presenti non siano riusciti a stare in silenzio durante il film,segno della difficoltà di prendere contatto con se stessi in profondità, e al tempo stesso esco stimolato per come un horror abbia potuto parlare di libertà.

Voglio concludere questo pensiero con un messaggio di speranza, lo stesso messaggio che Stan lascerà agli amici prima del suo suicidio, come fosse una promessa per tutti noi:

“Ho vissuto sempre nella paura!

paura di quello che sarebbe venuto dopo,

paura di quello che mi lasciavo alle spalle,

Voi non fatelo! Siate chi volete essere!

E se trovate qualcuno che vale la pena tenersi stretto,

non lasciatelo mai e poi mai andare.

Seguite il vostro sentiero, dovunque vi porti!

Siate sinceri! Siate coraggiosi! Siate forti!

Credete,

e non dimenticate mai!”

David Martinez

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