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In un attimo di gentilezza

Forrest Gump: il riscatto degli ultimi

Mamma diceva sempre che i miracoli succedono tutti i giorni, certe persone non ci credono, ma invece è così!”

Chissà quante volte avete sentito questo spezzone, di Forrest Gump seduto su una panchina alla stazione dell’autobus. Una scena ordinaria, semplice come lui.

Il film “Forrest Gump”di Robert Zemeckis è un’opera delicata che riguarda la storia di un uomo dal cuore gentile dentro la storia dell’America. Infatti, egli vuole raccontare la sua storia personale, che si incastra in una storia più grande.

La prima cosa che mi dice è questo:

la storia di tutti noi è incarnata in qualcosa di più grande. Non siamo banali parentesi di esistenza, ma ciascuno fa parte della storia di tutti. E non c’è una storia universale del mondo senza la storia di ognuno.

Quante volte pensiamo di avere una vita banale, meno importante di altri? Che viviamo o non viviamo non ci fa né caldo né freddo?

Una piuma condotta dal vento si posa sul piede di Forrest e lui inizia a parlare. Intrattiene le persone che ‘per caso’ si siedono su quella panchina. Lui è un tipo semplice, con un handicap di intelligenza e una malformazione alle gambe, guarita. È un uomo che noi oggi definiremmo come “un piccolo”.

Parla alla gente della sua vita, parla di miracoli. Capiamo che

la sua piccolezza, quella che di solito noi scartiamo perché ci fa ribrezzo, perché ci rende diversi, o sfigati, o esclusi, contiene un modo di guardare con amore innocente le cose, per cui tutti quelli intorno a lui in qualche modo, cambiano.

È il miracolo che trasforma sua mamma:da donna che non accetta il ritardo mentale del figlio a donna abbandonata alla volontà di Dio, che trova la serenità per affrontare la malattia.

È il miracolo che cambia il tenente Dan: da soldato cinico, scettico e arrabbiato con la vita ad amico fedele e confidente, sempre presente nei momenti importanti.

È soprattutto il miracolo che cambia Jenny:da ragazza tormentata dai suoi dolori a donna amata e libera. Lei è figlia di un padre violento e questo la porta a cercare sempre uomini violenti, rapporti usa e getta, droghe anestetizzanti, tanti pensieri di suicidio. Non salterà mai dal balcone o dal ponte… perché qualcosa la salva sempre. Come se alla fin fine intuisse di avere un’altra chance.

Jenny è il grande amore di Forrest, la prima che lo ha trattato bene nonostante i suoi handicap, la prima che lo ha fatto sedere accanto, la prima che gli ha voluto bene così com’era.

Quanto è importante avere qualcuno che ci vuole bene anche se siamo fragili e ci offre al suo fianco un posto a sedere.

Ritrovando Forrest, imparerà a lasciarsi trattar bene, ad amare per la prima volta, costruendo una famiglia con lui e dandogli un bimbo.

Ed è così che ovunque va, le persone con cui lega diventano migliori.

Forrest vince medaglie, fonda multinazionali di gamberi, ispira le persone, dona ai bisognosi, non accetta le ingiustizie, vede sempre il positivo, non giudica mai nessuno.

E in testa ha soltanto l’amore, per Jenny.

Il suo grande cuore gentile non ha mai risposto alle offese dei ragazzini e alle derisioni degli adulti. 

Io invece ho ucciso con l’indifferenza o con le etichette che ho messo addosso alla gente; con i giudizi che ho scambiato con altri creando divisione; con i calcoli che mi faccio; con l’amore che dono con doppi fini.

Io non sono capace di guardare il mondo come lo fa lui!

Non sono un uomo intelligente, ma so l’amore che significa!”

Il film sembra dirmi il bisogno di dover vedere oltre le apparenze, di superare quel rigetto naturale della fragilità, per entrare in una verità più grande dove Forrest rappresenta tutti i piccoli che che hanno da insegnarci a vivere, ad accogliere con gentilezza, per vedere che

le persone più semplici sanno davvero amare.

Penso ad alcuni che hanno dedicato tutto agli ultimi, agli esclusi, ai poveri, agli emarginati, a quelli apparentemente più limitati degli altri. Alcuni di loro hanno dato la vita per questo: forse avevano intuito che c’era qualcosa di più oltre una condizione o un limite…

Io invece spesso preferisco la strada più breve, meno faticosa possibile. E che ci guadagno? Voglio vincere senza faticare, ma Forrest si è messo a correre. Ha corso tantissimo.

Così anche io vorrei le sue gambe nel mio cuore per correre verso i miei obiettivi.

… non lo so se abbiamo ognuno il suo destino o se siamo tutti trasportati in giro per caso come da una brezza. Ma può darsi le due cose.

Forse capitano nello stesso momento…”

dirà sulla tomba di Jenny sepolta sotto il loro albero.

Forse il destino è definito da chi scegliamo di essere in questo momento, dal modo in cui trattiamo le cose che ci capitano.

Noi come la trattiamo la vita che abbiamo ricevuto?

Mi viene in mente quella piuma di inizio film che, nuovamente alla fine, chiudendo un cerchio, si posa ai piedi di Forrest, diventato uomo realizzato e papà.

Quella piuma è una simbologia per dirci che

il destino arriva come vuole, la vita ci regala occasioni dove siamo noi che le trasformiamo in buone o cattive.

Ringrazio Forrest e tutte le volte che, sedendosi sulla mia panchina mi ha regalato un attimo di gentilezza, dicendomi che in fondo “stupido è chi lo stupido fa”, per insegnarmi che solo convertendo il cuore possiamo rendere il futuro migliore.

Tutti cambiano, come lui ci ha raccontato. E allora aveva ragione.

I miracoli esistono.

David Martìnez

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