Voglio riportarvi una storia che mi ha delicatamente emozionato.
È il film d’animazione giapponese “In questo angolo di mondo”del maestro Sunao Katabuchi del 2016.
Ambientato nel Giappone rurale degli anni 40’, racconta la storia di una ragazza di Hiroshima che, a seguito di un matrimonio combinato, si sposta di città cambiando famiglia e affrontando i problemi della Seconda Guerra Mondiale.
Suzu, la nostra protagonista, si definisce una “sognatrice ad occhi aperti” che è goffa e maldestra ma che sa fare bene il suo mestiere: sa sognare. E lo sa fare pure in un momento di follia universale come questo. È fuori dall’ordinario, fin dall’infanzia racconta storie attraverso i suoi disegni. Spesso la vediamo alzare la matita al cielo, come un artista che cerca la misura giusta della sua visione. È una persona che cerca di ridisegnare il mondo attorno a sé, ne sente il bisogno per cercare di affrontare il dolore e i limiti che le circostanze porteranno.
Suzu fin da subito vive la sfida di diventare adulta: il matrimonio combinato con un ragazzo che l’ha vista da piccolo e se ne è subito innamorato, l’improvviso cambiamento di città, il cambiamento di famiglia, e affronta con coraggio tutto, trasforma l’obbligo di quel matrimonio in una scelta, innamorandosi davvero. Ecco il suo primo grande insegnamento:
Però si trova anche in un’altra difficoltà: integrarsi nel nuovo nucleo familiare, in particolare con la cognata molto rigida e impettita. Inizia allora ad amarli con piccoli gesti quotidiani, piccole attenzioni nei confronti di tutti con una delicatezza e tenerezza propria che ci colpisce. Ecco il secondo insegnamento:
Ma ecco che arriva la prova più grande. Arriva la guerra. Arriva la tragedia e la follia.
Quella di Suzu è una storia d’amore in mezzo alla guerra, una decisione tenace di proteggere la vita sotto gli spari e il rumore dei bombardamenti, e in mezzo alle macerie di una città distrutta continua a dare carezze e attenzione al prossimo. Il suo senso di amicizia e di cura, di affetto premuroso resiste anche nella desolazione che lascia dietro di sé la guerra. Mentre tutto crolla, Suzu continua ad amare convinta. Riesce ad amare anche in mezzo al caos.
La figura di Suzu mi interroga, mi pone domande su come io spendo il mio tempo per cose inutili quando invece potrei dedicarmi agli altri, potrei fermarmi con le persone che amo e dedicar loro un po’ di tempo.
Potrei fare tante cose che non faccio perché non comprendo il valore di quello che ho. A volte lo comprendi solo quando le perdi.
Suzu affronta l’impossibile con coraggio. Affronta tutto, pure la figlioletta di sua cognata che per sbaglio muore sotto una mina inesplosa. E le verrà data la colpa.
Neanche lì, seppur con grande dolore, il suo desiderio di vita si fermerà.
E non finisce qui: ormai ferita fisicamente e mentalmente dai dolori della famiglia, di un destino doloroso per un popolo sul lastrico, troverà la voglia di continuare a vivere anche nel momento peggiore.
La sua speranza, indebolita ma resistente, riempie i villaggi vicini del Giappone rurale mentre un bagliore nel cielo diventa nube, rendendosi conto che una bomba atomica su Hiroshima è stata sganciata. Suzu non vuole arrendersi alla violenza, non vuole smettere di crederci:
“Non ci hanno forse detto di combattere sino all’ultimo uomo? Mi restano ancora la mano sinistra ed entrambe le gambe!”
dirà dopo aver sentito che quella nube ha coperto anche i cieli di Nagasaki. Come un artista che non ha mai smesso di guardare uno speciale angolo di mondo da cui tutto si vede meglio.
“La nostra battaglia quotidiana è sopravvivere con quel poco che possediamo!”
Ecco il terzo insegnamento:
È il racconto della guerra con la speranza del futuro. Come la protagonista che piano piano riesce a conquistare il suo mondo, così anche io vorrei conquistare il mio, imparando che solo attraverso l’amore posso avere un domani.
Lo scintillio di quella bomba, la scia di morte che lasciano le radiazioni, le ferite di guerra… niente riesce a fermare l’ostinazione di questa ragazza che è finalmente diventata donna, perché si è aggrappata alla vita con speranza e amore, ha combattuto, ha costruito un angolo di mondo dove ha mantenuto la fede, comprendendo che quella bomba sganciata non è la fine.
A conclusione del film, una bambina rimasta orfana nell’esplosione si imbatterà per caso in lei e le si aggrapperà disperatamente, associandola ad una mamma. Suzu sarà ancora una volta protagonista di un angolo di mondo dove la violenza non ha l’ultima parola.
E’ la delicatezza con cui il regista ci ha regalato una storia dolorosa che zampilla di dolcezza.
Ecco il quarto insegnamento, quello del cuore:
la vita va avanti, non si ferma, ricordandoci che l’unica cosa che può salvarci dalla follia è l’amore verso gli altri.
Anche io non voglio arrendermi alla violenza, alla sfiducia, alla delusione. Anch’io voglio un angolo di mondo così, fiducioso che il futuro c’è.
Perché il futuro è di chi sa sognare, è di chi sa sperare, è di chi sa amare.
David Martìnez