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Non è vero che non c’è una chiave

Due settimane fa sono andata con alcune persone del gruppo operativo di Milano e Como ad animare la Messa nel carcere di San Vittore a Milano. Quest’ultimo è un carcere prevalentemente giudiziario. La messa si svolge nel punto centrale del carcere a forma di esagono da cui partono appunto i  sei raggi in cui sono divise le persone momentaneamente detenute in base ai vari reati presumibilmente commessi.

Non è la prima volta che vado, anzi, ma è una di quelle esperienze che ti lascia qualcosa di diverso, una riflessione e una provocazione nuove. Questa volta mi ha colpito una cosa in particolare. Ero con gli altri animatori nella sezione maschile e i detenuti potevano partecipare alla messa stando quasi accanto a noi oppure da dietro le sbarre.

Queste sbarre vengono aperte soltanto al momento della Comunione, permettendo ad un carcerato alla volta di prendere l’eucarestia e ritornare al proprio posto; dopo che tutti hanno fatto, vengono richiuse.

In quel momento mi è venuta in mente una canzone di Caparezza il cui ritornello dice:

No, non è vero
Che non sei capace, che non c’è una chiave
Una chiave, una chiave, una chiave, una chiave».

Quella chiave al momento della Comunione era Gesù, l’unico motivo per cui quelle sbarre in quel momento si erano aperte!!!

Allora ho pensato a quante volte in passato e spesso ancora oggi mi capita di essere io stessa in prigione, imbrigliata nelle mie paure che non mi permettono di essere libera nel momento in cui le lascio governare la mia vita; imprigionata in relazioni di amicizia in cui faccio fatica a dire ciò che penso con la paura di cosa possa succedere; nel voler salvare persone o situazioni che non si vogliono in realtà salvare o che io non posso salvare; imprigionata in pensieri negativi o giudizi su di me che non mi permettono di essere felice, che mi sabotano e mi fanno credere di non essere capace. Invece…

No, non è vero
Che non sei capace, che non c’è una chiave
Una chiave, una chiave, una chiave, una chiave».

E la chiave è Dio! Tutte le volte in cui ho cercato di vivere il Vangelo sul serio sentivo e vedevo quelle sbarre aprirsi, scoprendomi più coraggiosa, più libera nelle relazioni e nelle situazioni. Mi ritrovo che Dio mi rende capace, scommette su di me.

E un altra chiave è la comunità, fratelli e amici che fanno ogni giorno con me esperienza di questo, che cercano di incarnare il Vangelo e l’Amore di Dio, che solo viene a liberare se voglio e se glielo permetto, come i detenuti che per partecipare alla messa devono firmare un permesso.

Oggi voglio rinnovare questo permesso a Dio di liberarmi, di aprire queste sbarre e vivere più libera e felice.

Simona Rescigno

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