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La fede secondo Skywalker
Star Wars: quello che ci lascia la Forza e il valore dei Jedi
In questi giorni nelle sale si è conclusa un’epoca: la saga di Star Wars è giunta al termine. Dopo 42 anni dal primo film, recitando con gli stessi attori dell’origine, oggi si conclude un’epoca che ha coinvolto generazioni e generazioni.
Parliamo di una saga epica, che attraverso le categorie della fantascienza e della narrazione biblica, racconta il mondo e la natura dell’uomo soprattutto nei suoi lati “spirituali”.
Sì perché parliamo di “guerre” stellari: non solo riguardo a un gruppo di ribelli che combatte un Impero per restaurare la Repubblica, ma è anche metafora delle stesse guerre del nostro vivere quotidiano, nelle nostre battaglie con gli altri, in un destino da realizzare e nell’interiorità contro il nostro passato e le sue ombre.
La “Forza” è la grande protagonista di tutto.
C’è una realtà spirituale dietro il mondo visibile, un’energia fra tutte le cose viventi che non si vede ma si può percepire, che è presente in noi e in tutti gli esseri, è il legame, la tensione, l’equilibrio che mantiene unito tutto l’Universo.
Ma dentro di noi è presente in un “lato Oscuro”: cioè la manifestazione del nostro interiore sepolto che si nutre di ricordi dolorosi, di paura e di ferite mai risolte; rabbia, odio, vendetta, inganno e falsità sono il suo risultato. Il lato oscuro usa il potere per dominare, conquistare, ed essere imbattibili. È l’abisso più profondo dello spirito, la negazione di ogni debolezza, e fa eco alle volte in cui roviniamo le cose, ci vendichiamo per i torti subiti, quando la rabbia ci dilania e allontaniamo ciò che ci fa paura o detestiamo. È ciò che vive di rimorso, di senso di colpa, di frustrazione. Da essa hanno origine i Sith che con un Impero Galattico mirano alla conquista totale della galassia.
Ma dentro di noi è presente anche in un “lato Chiaro”: cioè la manifestazione della luce interiore, la verità più profonda di noi che si nutre di speranza, affetto, positività, indole coraggiosa e che diventa equilibrio e saggezza, sacrificio. Corrisponde al nostro istinto iscritto nell’anima di credere sempre nella speranza, che guarda la realtà con occhi puliti, che vede oltre l’apparenza, che si prende cura delle persone: fa eco alle volte in cui ci fidiamo, quando perdoniamo, quando miglioriamo, quando ci sacrifichiamo per chi amiamo. Da essa hanno origine i cavalieri Jedi e la loro spiritualità, con il compito di custodire l’equilibrio nella Forza.
“Dunque io trovo in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me”
(Rm.7, 21-22)
Tra queste due facce dell’energia vitale dell’Universo ci siamo noi, divisi, tra una doppia legge in cui luce e oscurità convivono, ci abitano entrambe, ma possiamo scegliere quale delle due seguire.
Ecco allora nella saga, continui episodi di “tentazione” verso il lato Oscuro in cui allievi uccidono i maestri, buoni diventano cattivi; ed episodi di “redenzione” per tornare al lato Chiaro, in cui figli redimono i padri e padri salvano i figli.
La guerra galattica dunque si incastra nel combattimento per dar senso all’esistenza: scegliere chi vogliamo essere, dove schierarci, indipendentemente da chi siamo e da dove veniamo.
Compito della tradizione Jedi è custodire l’Universo in armonia. Essi vivono un cammino di educazione verso la maturità spirituale, in cui l’apprendista ‘Padawan’ grazie agli insegnamenti di un “maestro”, impara a sentire e conoscere la Forza e le sue leggi, le tecniche per percepirla continuamente, sviluppa l’istinto per riconoscere il buono dal cattivo e diventare un “discepolo”, cioè un Jedi a tutti gli effetti. Maestro e discepolo vivono un rapporto amicale e filiale, in cui il maestro mostra la vera via da seguire e svela la realtà dietro al visibile, che dona anche carismi cioè doni speciali come “percezioni”, “presentimenti”, e delle volte anche “visioni” sul possibile futuro. E in lei l’anima si ricongiunge una volta che il corpo muore, dimostrando l’immortalità dello spirito e l’inesistenza di una morte definitiva.
Il senso del “sacrificio” è il frutto di questo cammino spirituale: il supremo gesto di speranza, il più grande gesto d’amore: sacrificare se stessi per salvare altri, per salvare amici e nemici, per redimere l’anima e dare una nuova speranza.
E poi si tratta di una storia di “vocazione”, che noi viviamo attraverso gli occhi della famiglia Skywalker lungo tre trilogie. Sì perché è sempre la storia di un eroe alle prese col proprio destino, che è stato chiamato, scelto, che ha intuito di avere un compito e vuole capire come realizzarlo, esattamente come in una storia vocazionale. E come ogni storia di vocazione è fatta di ostacoli, tentazioni, abbandoni da fare, nuovi amici e compagni di viaggio, della ricerca delle proprie radici per capire chi siamo, e soprattutto in un destino da scoprire lungo il tragitto. È la strada verso un compimento da raggiungere.
Tutto questo vi ricorda qualcosa?
“La speranza è come l’alba. Se ci credi solo quando la puoi vedere non supererai mai la notte!”
(Poe Dameron alla resistenza in “Star Wars episodio IX – L’ascesa di Skywalker”)
Questo è lo spirito che riassume la saga, questa immensa opera che per un’epoca – a partire dal primo film del 1977 – ha conquistato generazioni intere.
Ora è finita, è arrivato il momento di lasciarla andare, di salutare quest’epopea che chiude un ciclo straordinario.
Star Wars finisce, lasciandoci ancora una volta la fede con cui guardare le cose.
Che in questo nuovo anno che inizia, anche tu possa vedere questa realtà dietro il visibile, e scegliere chi vuoi ascoltare:
la seduzione dell’oscurità o la luce inebriante della speranza?
David Martìnez