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Una risata oltre i nostri mostri
Monsters & Co.: è possibile trasformare il male?
“Non c’è niente di più letale che un cucciolo d’uomo”
In “Monsters & Co.”, film d’animazione del 2001, entriamo nel mondo dei mostri.
I protagonisti sono Mike Wazosky e James Sullivan (detto Sully), impiegati in un’azienda regina della produzione elettrico-energetica cittadina. E tale energia che alimenta il loro mondo viene prodotta dalle urla dei bambini.
Il mondo dei mostri è così, si nutre di quel grido che ogni bimbo emette quando incontra la sua più grande paura.
Parliamo di bambini, ma non so se sia tanto diverso per gli adulti.
Nella Mostropoli però succede una cosa curiosa: benchè i bambini vengano svegliati per produrre grida che si trasformano in energia, tuttavia sono considerati “nocivi e tossici”;
i bambini sono dannosi per l’incolumità dei mostri.
Il punto di accesso tra il loro mondo e quello umano è una porta. Attraverso quella tutte le notti Sullivan entra in una cameretta e spaventa un bambino uscendo dal suo armadio.
È qui che rimango coinvolto nell’incantesimo filosofico del film:
una bambina supera la soglia della porta perché vuole giocare, non si spaventa del mostro blu, ma lo rincorre e si affeziona, diventa un compagno di giochi.
È un racconto dove la nociva innocenza alla fine migliora il mondo, dove i mostri sembrano “umani”,
dove l’amore è raccontato con una delle definizioni più belle che abbia mai sentito:
La bambina intenerisce Sully che piano piano impara a capirla, a prendersi cura di lei e le dà addirittura un nome come si fa con le cose importanti. La chiama Boo, come quel suono che facciamo talvolta simpaticamente giocando coi piccoli, esorcizzando la paura.
La protegge, riesce a consolarla quando piange, a farla divertire quando è triste, la nasconde dall’incomprensione dei suoi simili, e soffre a lasciarla andare.
Alla fine, dopo tanti accadimenti, giochi di potere e complotti tanto mostruosi quanto umani, Sully sceglie ciò che è giusto e saluta Boo per l’ultima volta. La commozione intenerisce gli occhi dell’orso gigante, grato per aver visto la sua identità in un modo nuovo.
Boo tornerà nella sua cameretta che credo sia la terra dove camminiamo tutti quanti: il rifugio dove andare a riposare sotto le coperte, ma anche lo stesso luogo dove svegliarsi e incontrare i peggiori incubi.
È questo ciò che mi lascia il film:
un mostro si trasforma in complice divertente e premuroso e una piccola bambina diventa la forza motrice per cambiare lo sguardo di una società intera.
Resto allora con il cuore alleggerito, meno spaventato dal mondo, più fiducioso nella vita.
E forse anche io scoprirò una forza nuova, come i nostri mostri che finora non si erano mai accorti di un’energia ancora più forte della paura, ossia la risata.
E’ così che cambiano l’assetto sociale, smettendo di spaventare e imparando a giocare… a far ridere i bambini ogni giorno per produrre una nuova energia per l’universo. Guidati da Sully, ormai nuova creatura.
Anche io voglio imparare questa leggerezza. Andare oltre le difficoltà che appaiono spinose o addirittura mostruose, e quando è possibile, superare i problemi con una risata.
Una risata che mi faccia far incontrare il mio mostro blu e addomesticarlo per trasformarlo in vita.
Perchè forse, in fondo, i nostri mostri non fanno poi così paura.
David Martìnez