EvangelizzazionePensieri e Riflessioni

Gli angeli nella notte

Quelle due sere, sotto i portici di San Pietro realizzavo, come già altre volte, come davvero esista un mondo “parallelo” al nostro… a “noi”. Infatti, durante il giorno siamo abituati ad andare a lavoro o all’università, a fare sport, a ricavarci del tempo per lo svago e poi rientrare nelle nostre case più o meno confortevoli. Abbiamo i nostri problemi: come superare un esame, come cambiare lavoro, come conquistare quel ragazzo o quella ragazza che ci piace, che vestito metterci per quell’occasione, in che scuola mandare i figli…

E poi c’è quest’altro mondo, che durante il giorno si nota forse un po’ meno e a volte ci dà fastidio, ma la sera è ben visibile: il mondo di chi non ha niente, di chi vive di espedienti e si appoggia alle tante (per fortuna) realtà di volontariato; di chi dorme per strada nel suo sacco a pelo, di chi ha perso tutto, di chi non ha documenti, di chi è fuori di testa…

Che cosa può unire questi due mondi? Che senso ha incontrarsi?

Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatta a me” (Mt 25,40)

Devo essere sincera, oltre al desiderio di evangelizzare o di provare a portare una briciola di Colui che ho incontrato, da tempo sentivo anche la “nostalgia” in un certo senso, di re-incontrarLo nei poveri e negli ultimi. Mi sono resa conto di aver bisogno di loro, perché nella frenesia delle giornate il cuore tende a inaridirsi. E’ proprio vero che per incontrare Dio è necessario farsi piccoli, ridimensionarsi ed anche essere poveri, spogliarsi di tante sovrastrutture, dell’idea di poter fare tutto da soli, di essere produttivi ed efficienti ad ogni costo, sempre al top!

Il povero mi insegna come stare davanti a Dio, mi insegna che devo solo togliere, lasciare e aprire le mani e il cuore perché siano riempiti da Lui.

Quelle due sere il mio cuore è stato davvero riscaldato dagli incontri fatti e sono tornata a casa più felice e col desiderio di essere migliore… La sensazione che ho avuto è stata più quella di “ricevere” che di “donare”.

Il povero mi spiazza: spesso si tratta di stranieri e a volte c’è qualche difficoltà a rompere il ghiaccio anche per via della lingua… Poi ti raccontano storie assurde per cui spesso non riesco a capire quanto ci sia di reale… Mentre li ascolto mi rendo conto di quanto siano diverse le nostre vite. Di solito mi colpiscono gli occhi: ti guardano dritto in faccia, senza filtri, non hanno niente da perdere. Quando mi avvicino per incontrarli ho sempre la stessa paura, quella del rifiuto… e poi puntualmente scopro che forse, proprio perché non hanno nulla da perdere, quasi sempre ti accolgono e sono anche molto schietti, a volte forse un po’ “brutali”, ma autentici e questo mi fa effetto, perché di solito sono una che pensa sempre a cosa dire, come dirla e di filtri ne metto tanti.

In questo periodo, mi sono fatta alcune domande su cosa voglia dire veramente evangelizzare… e insieme ad altri ragazzi ho cercato delle risposte.

Una ha a che fare con la preghiera. Non permettere che il cuore si spenga, né che le distrazioni o le preoccupazioni ostacolino la relazione d’amore con Dio.

Per me evangelizzare, in fondo, vuol dire lasciar emergere la parte migliore di me e incontrare la parte migliore dell’altro.

Che è quella abitata dall’Amore di Dio per me, ed è uno spazio immenso, infinito; sono io a limitarlo, ma attraverso la preghiera posso provare a non mettergli confini. Nei nostri Statuti uno dei punti spirituali è proprio l’evangelizzazione, il cui cuore è ben espresso dai versetti di Isaia: “portare il lieto annunzio ai miseri, fasciare le piaghe dei cuori spezzati, proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, promulgare l’anno di misericordia del Signore”.

Forse in questo tempo così particolare, in cui tanti hanno perso le proprie attività, altri si sono trovati a lavorare più di prima, altri ancora sono stati colpiti dalla malattia, forse proprio ora possiamo rivolgere un pensiero a quel Gesù che dalla croce ci dice che queste parole sono rivolte a ciascuno di noi. Forse ce ne siamo dimenticati, o peggio, lo abbiamo dato per scontato.

Allora forse questo può essere il momento di fare silenzio, di mettere a tacere anche tante parole futili e tante lamentele. Può essere il momento di mettere nelle mani del Padre tutti coloro che stanno soffrendo o che stanno dando la vita per salvarne tante altre. Il momento in cui dare spazio “alla creatività dell’Amore”, come dice il Papa e anche di essere noi stessi e lasciarci rievangelizzare tutti da questo Gesù.

Stefania Fico

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