“Il Signore non ti chiede mai di fare un sacrificio senza restituirti cento volte tanto. Ma per me sembravano parole vuote; non capivo.”
David Buggi è un ragazzo di 17 anni che poco più di un anno fa è stato portato via da un cancro. Un ragazzo assolutamente normale, con una vita da adolescente che cerca di scoprire il vero senso della vita. Tanti interrogativi, tante domande, un cuore e una mente che sono costantemente alla ricerca della felicità vera e anche di ciò che la può ostacolare.
Questo suo desiderio temerario lo porta a confrontarsi con i temi che la società contemporanea e i giovani come lui difendono spesso come verità assolute, dinanzi alle quali non ci si interroga più, ma si aderisce seguendo ciò che più piace invece di scorgere e scegliere ciò che è bene e assicura una gioia piena.
Voleva viaggiare, difendere la verità che aveva cominciato ad assaporare leggendo il Manuale dei manuali per quanto concerne la via della felicità: il Vangelo. Chi lo seguiva in questo discernimento lo invita invece a rimanere a casa, nel quotidiano, perché ancora sprovvisto degli strumenti per potersi difendere in ciò che gli sembrava essere il cammino giusto per essere un giovane realizzato. “Io rimasi lì, perché io dovevo rimanere a casa mia.”
Scopre allora, in seguito ad un momento di preghiera, come dietro la proposta di chi lo accompagnava ci fosse anche la voce di Dio perché coincideva perfettamente ad una Parola letta casualmente nella Bibbia:
Il Signore esisteva veramente, agiva nella mia vita, parlava alla mia vita”.
Finché un giorno, durante un controllo alla salute, scopre di avere un cancro. In quel momento, nel pieno della vita, negli anni dei sogni, dei progetti arriva quello che lui stesso chiama un colpo. “Incassi il colpo e vai avanti perché sai che il Signore c’è!”.
E come tutti i giovani, chi in un modo e chi in un altro, grida al Cielo: “Arrivo ad arrabbiarmi con Dio dicendo: Perché io prego per una cosa e Tu me ne fai accadere un’altra? Perché proprio a me tutto questo? Perché non mi vuoi aiutare? Che senso ha pregare se poi succede l’esatto opposto?”.
Ora David sente che per realizzare il suo sogno di felicità, nonostante le prove, dovrà fare qualcosa di molto impegnativo: affidare la sua malattia a Dio. Affidare è consegnare, non poter più possedere, non voler più gestire, non riuscire più a controllare. “Un sacerdote mi dice: Affida la tua malattia a Dio! Io non ci riesco, è una cosa troppo difficile perché affidare la mia malattia a Dio era come accettare la possibilità di morire.”
In un letto di ospedale, nel luogo che spesse volte non consideriamo appunto un luogo sacro, riesce a consegnare la sua malattia a Dio tra le lacrime ma anche con una gioia mai sperimentata finora. Da lì ebbe inizio quello che lui chiama l’anno più bello della sua vita.
Da quel momento ho vissuto l’anno più bello della mia vita!”
Non c’è un perché al male, soprattutto a quei mali che colpiscono tanti innocenti. C’è però un gesto che ci insegna questo ragazzo straordinario e che chiunque può compiere nel luogo dove si trova e con il male che sta vivendo nel corpo o nello spirito: affidare. Il luogo sacro diventa il qui ed ora e la preghiera più potente è quella dell’affidamento e ciò ti fa sperimentare una gioia reale, un’emozione a tutti gli effetti.
Qualsiasi luogo diventa sacro nel momento in cui tu sai di non essere solo e per questo ti affidi a chi ha un solo desiderio: renderti felice. David non ci dà spiegazioni sul perché del male ma ci condivide che qualsiasi colpo tu riceva nella vita, la risposta che noi possiamo dare è quella di riscoprirci figli:
Io il Signore lo immagino così: come un Padre che vuole che io sia solo felice e fa di tutto per rendermi felice!”.
Non sentirsi soli, ma vivere consapevoli di far parte di un progetto di vita, di felicità, di gioia, ti riempie il cuore e ti apre alla gratitudine e ti spinge a pregare per quanti ancora non hanno sperimentato questa gioia, fino all’ultimo respiro come ha fatto David: “Grazie per avermi ascoltato perché spero di aver dato un minimo di frutto rispetto a quello che il Signore ha piantato nella mia vita! Vi ringrazio veramente di cuore! David.”